Marchionne, da Torino alla Silicon Valley

Marchionne va in visita alla Silicon Valley, pedina della propria strategia per suggerire al mercato nuove fusioni in vista di necessaria innovazione.
Marchionne va in visita alla Silicon Valley, pedina della propria strategia per suggerire al mercato nuove fusioni in vista di necessaria innovazione.

Sergio Marchionne ha cercato l’alba guardato verso Ovest. Verso la Silicon Valley, nella fattispecie, laddove si crede di poter assaggiare il frutto proibito dal giardino dell’Eden dell’innovazione. Ma il suo viaggio verso le tecnologie dell’auto a guida autonoma è solo una piccola parte del tragitto che il CEO italiano intende compiere. E le dichiarazioni di circostanza rilasciate in queste ore vanno lette nel giusto contesto.

Marchionne è alla guida di un’auto in mezzo al guado: tornare indietro non si può, guardare oltre è complesso, ma la certezza è che occorre uscirne per non rischiare di rimanerne travolti. Per questo dapprima Marchionne ha lanciato messaggi al mercato del passato per cercare di portare riparo alla situazione venutasi a creare nel passato; poi ha lanciato messaggi al mercato del futuro, tendendo la mano a chi cerca esperienza per poter invadere il mercato con una nuova filosofia. Marchionne ha avuto l’intelligenza strategica di porsi nel mezzo, come ipotetico punto di raccordo tra due elementi ineludibili: quel che è stato e quel che si pensa possa essere nell’immediato futuro. Tra l’automotive che è ha scritto la storia e quella che si appresta a scrivere i prossimi capitoli.

Marchionne in Silicon Valley

Quello che è trapelato sono mere frasi di circostanza. Cosa abbia in realtà fatto o discusso Marchionne nella Silicon Valley, e se la sua sia o meno soltanto la mossa di una pedina sullo scacchiere, è impossibile saperlo. Tutto quel che è noto è quanto affidato alla stampa, pochi postulati (ripresi peraltro non sempre in modo lineare), che mostrano apprezzamento nei confronti di gruppi quali Tesla Motors ed Apple.

Il minimo comune denominatore è l’auto a guida autonoma: Tesla è fortemente sul mercato, Apple potrebbe entrarvi, Fiat ne è stata finora lontana. Tuttavia sembra ormai conclamata la capacità tecnica di arrivare allo sviluppo di auto di questo tipo: Marchionne ne ha parlato con Tim Cook, CEO Apple, ed Elon Musk, CEO Tesla. Parole di elogio soprattutto per quest’ultimo: «Sono rimasto incredibilmente impressionato da quello che questi ragazzi hanno fatto», mentre nei confronti di Apple espressioni di grande rispetto e timore reverenziale.

L’unica fonte è però la stessa FCA, l’unico canale è quello delle agenzie di stampa e l’unica certezza è che quanto trapelato non torna utile per alcuna considerazione pratica. Ma una cosa è certa: Marchionne ha fatto una mossa eclatante ed ha voluto che fosse sufficientemente visibile. Soprattutto alla luce di quanto pubblicato soltanto poche settimane prima, nel suo “Confessions of a Capital Junkie”.

Confessions of a Capital Junkie

Un documento breve (pdf), consegnato ai margini dei dati fiscali del gruppo FCA: un modo di comunicare in linea con quelli del CEO-capitalismo all’americana che Marchionne tenta di portare in Italia fin dall’esordio alla guida del gruppo torinese. In quel documento Marchionne ha fatto la stessa mossa, declinata in altra forma: un occhiolino al passato e uno al futuro, cercando un punto di incontro di comune interesse.

Perché è proprio nella sacca del comune interesse che Fiat Chrysler Automobiles cerca le risorse per il vero rilancio. La teoria di Marchionne è conclamata: troppi gli investimenti da portare avanti, troppo l’impegno di capitale fisso necessario, troppo valore bruciato per gli azionisti. L’unico modo per uscire dall’impasse è unire le forze e fare in modo che il mercato possa aggregare i player per avere una minor parcellizzazione. Pochi grandi gruppi potrebbero competere meglio, sfruttare meglio il capitale e garantire risultati migliori sia in termini di performance che di innovazione.

Del resto Marchionne non fa segreto della piena consapevolezza per quel che verrà: nella sua disamina indica i servizi di infotainment di bordo, i pregi delle auto connesse e le potenzialità delle auto a guida autonoma come paradigmi irrinunciabili dell’utenza. Questo è quel che chiede il mercato, insomma, e questo è quel che il mercato è costretto ad offrire se vuole continuare a crescere. Dunque: investire tutti nelle proprie piccole ricerche sulle auto a guida autonoma (o seguire l’impegno di realtà quali l’italiana Deeva), oppure portare avanti il progetto con fondi comuni, arrivando prima e meglio all’obiettivo? L’auto del futuro è una sola, dunque è inutile rincorrerla cercando ognuno la propria strada: meglio unirsi e correre, perché troppa concorrenza può essere un limite quando le regole del gioco stanno per cambiare.

Marchionne non mette FCA sul mercato, insomma, ma tenta di stimolare gli altri attori a farsi avanti: FCA è disponibile a qualsiasi ipotesi, perché l’orizzonte è troppo lontano per continuare in strategie autarchiche.

Il futuro di FCA

Il futuro di FCA è con le auto a guida autonoma di Google? Cerca un ruolo tra le ambizioni Apple? Cerca semplicemente una fusione che possa costruire le basi per una crescita vera e solida? Si insinua semplicemente tra i teoremi di un CEO che vuole porsi in qualche modo anche come stratega e visionario per un intero comparto?

Il futuro della FCA è scritto nel futuro dell’automotive e della mobilità: la rivoluzione sta per cadere sugli utenti e sull’industria, e chi saprà cavalcarla ne uscirà probabilmente con grandi soddisfazioni. Marchionne non lo ha capito né prima di altri, né dopo. Ma ha il fiuto per capire che questo è il momento decisivo. Di qui a credere che la visita nella Silicon Valley sia stata una mossa fondamentale, ce ne passa: bisognerebbe credere alla chimera di una Fiat 500 con tecnologia Apple e batterie Tesla. Tuttavia per arrivare allo scacco matto bisogna sempre muovere anzitutto le pedine. E far credere di andare in una direzione, a volte, prima di prenderne un’altra.

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