Riforma del Copyright rimandata a settembre

Il Parlamento Europeo ha bocciato la riforma sul Copyright; si tornerà nuovamente al voto nel mese di settembre.
Il Parlamento Europeo ha bocciato la riforma sul Copyright; si tornerà nuovamente al voto nel mese di settembre.

Il Parlamento Europeo ha deciso di rinviare la controversa e contestata riforma del Copyright a settembre. Con il voto odierno, i parlamentari hanno negato il via libera all’inizio dei negoziati tra Parlamento, Consiglio e Commissione sul testo della proposta della riforma. Precisamente, 318 eurodeputati hanno votato contro il testo da cui sarebbe partita la trattativa per la riforma. A favore 278 eurodeputati. Gli astenuti sono stati, invece, 31.

L’effetto principale di questa votazione è che il testo della riforma sarà nuovamente discusso ed emendato per poi tornare al voto a settembre in una prossima seduta plenaria del Parlamento Europeo. Il voto odierno è sostanzialmente una netta vittoria del fronte del no che in queste settimane aveva fatto di tutto per cercare di affossare la riforma. Wikipedia Italia, per esempio, nei giorni scorsi si era oscurata in segno di protesta per una riforma che avrebbe messo in serio pericolo la libertà di Internet. Enciclopedia online che, adesso, è tornata regolarmente operativa e che ha sottolineato il risultato del voto che ha riconosciuto l’importanza di un argomento delicato come il Copyright che merita i giusti approfondimenti.

Sul fronte politico è intervenuto il Ministro del Lavoro Luigi di Maio che ha evidenziato come il voto evidenzi che a livello europeo qualcosa stia cambiando. Il Governo, comunque, sottolinea il Ministro, continuerà a lavorare affinché i discussi articoli 11 e 13 della riforma siano eliminati definitivamente dal testo finale.

I parlamentari europei italiani erano arrivati profondamente spaccati al voto. Il Movimento 5 Stelle e la Lega si erano detti da subito contrari alla riforma, mentre il PD era arrivato diviso.

Ovviamente, il voto ha lasciato delusi gli editori che puntavano molto sull’approvazione della riforma del Copyright. Per l’associazione italiana degli editori il voto odierno è una grande occasione mancata. Aie Ricardo Franco Levi, presidente dell’associazione italiana degli editori, ha, anzi, commentato duramente il risultato.

Il diritto d’autore è libertà. Con la votazione di oggi non si è affermata la sua funzione: da domani il web sarà meno libero, così come lo sarà anche la società europea. Si tratta di una sconfitta culturale, ancor prima che politica. Le multinazionali del web, che non vogliono assumere alcuna responsabilità, né sociale, né in difesa della libertà di espressione, né legale per le violazioni dei diritti degli autori europei, hanno voluto frenare un miglioramento che avrebbe aiutato tutta l’industria culturale. Paradossale che proprio queste grandi imprese si siano opposte alla modernizzazione del diritto d’autore. Hanno vinto le pressioni a difesa di un modello di rete costituito da poche imprese che, acquisita una posizione dominante, la sfruttano a danno delle imprese creative, degli operatori minori del mondo digitale e anche dei consumatori.

I principali nodi che ha hanno scatenato le polemiche sulla riforma riguardavano gli articoli 11 e 13. L’articolo 11 riguarda la così detta “tassa sui link” (Link Tax) che costringerebbe le piattaforme online come Facebook e Google ad acquistare licenze dai media per poter proporre agli utenti link ad articoli e a notizie. L’articolo 13, invece, riguarda la creazione di uno speciale filtro sui contenuti caricati sul web. Un sistema che potrebbe essere visto come un qualcosa di molto simile al Content ID di YouTube ma con la differenza che dovrebbe tenere sotto controllo praticamente tutto il web.

Adesso la riforma andrà ridiscussa e sicuramente i fronti opposti si affronteranno nuovamente per cercare di modificare il testo a loro vantaggio. La sensazione, però, è che forse il testo non fosse stato elaborato con troppa attenzione e che i punti contestati potevano essere formulati in maniera migliore.

Alla fine, il Parlamento Europeo non ha probabilmente voluto assumersi il rischio di portare avanti una riforma che poteva potenzialmente creare problemi.

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