Sex.com: VeriSign minaccia la fine di Internet

Il registrar chiede si riconosca la sua irresponsabilità per aver sottratto il dominio Sex.com al legittimo proprietario. In caso contrario, dichiara, Internet sarebbe paralizzata.
Il registrar chiede si riconosca la sua irresponsabilità per aver sottratto il dominio Sex.com al legittimo proprietario. In caso contrario, dichiara, Internet sarebbe paralizzata.

Se la Suprema Corte degli Stati Uniti darà ragione a Gary Kremen, il legittimo proprietario del dominio Sex.com, l’esistenza degli Internet registrar e il futuro del commercio elettronico saranno messi in discussione. È quanto afferma VeriSign, già Network Solutions, il più antico Internet registrar tentando di evitare un risarcimento milionario per la vicenda del dominio Sex.com

Gary Kremen aveva registrato il dominio nel 1994 e se l’era visto successivamente soffiare da Michael Cohen, un ex-galeotto convertitosi in uomo d’affari; Kremen aveva ottenuto nel 2001 da un tribunale il riconoscimento dei suoi diritti ed un risarcimento da 65 mila dollari; ora però Kremen chiede che venga riconosciuta la responsabilità di VeriSign, all’epoca dei fatti Network Solutions, che con la sua negligenza aveva reso possibile l’appropriazione indebita da parte di Cohen.

In ballo è il principio generale della definizione giuridica dei nomi di dominio e, di conseguenza, della responsabilità del registrar. Passando il caso alla Corte Suprema, il giudice Kosinski della Corte d’Appello ha osservato che già dal 1880 la Corte Suprema aveva stabilito che la proprietà intangibile, come ad esempio un certificato di proprietà, può essere convertita in denaro sonante: «I nomi di dominio, come le azioni di un’azienda, sono diritti di proprietà chiari e distinti», ha scritto il giudice. «Chi altera la titolarità di un dominio registrato è chiaramente consapevole che può danneggiare la proprietà di qualcun altro».

Al contrario, VeriSign tenta di vedere riconosciuta la propria totale irresponsabilità, basandosi sull’assunto che il dominio non è una proprietà e che quindi l’indebita sottrazione non può essere punità. «Casi come questi hanno il solo effetto di incoraggiare gli attacchi a qualunque forma di limitazione della responsabilità detenuta da qualunque registrar», hanno dichiarato i legali della compagnia. Il che condurrebbe fatalmente a «paralizzare Internet e ad ostacolare i benefici nazionali legati all’e-commerce». La Corte Suprema comincierà ad occuparsi del caso il mese prossimo. Se i reclami di Kremen troveranno ascolto, VeriSign potrebbe essere costretta a versare un risarcimento nell’ordine dei 100 milioni di dollari.

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