Cassinelli difende Romani: non ci sono bavagli

Roberto Cassinelli, entrando nel merito del cosiddetto Decreto Romani, smonta le tesi di quanti ritengono il testo un nuovo bavaglio alla libertà di espressione sulla Rete. Paolo Romani, nel frattempo promette di voler far chiarezza apportando modifiche
Roberto Cassinelli, entrando nel merito del cosiddetto Decreto Romani, smonta le tesi di quanti ritengono il testo un nuovo bavaglio alla libertà di espressione sulla Rete. Paolo Romani, nel frattempo promette di voler far chiarezza apportando modifiche

«Il cosiddetto decreto Romani, cioè il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2007/65/CE il cui schema è all’attenzione del Parlamento, non è un pericolo». Lo afferma con forza l’on. Cassinelli, in forza al Popolo delle Libertà, il quale intende ribadire con forza il concetto: «In rete troverete decine, forse centinaia di blog, anche autorevoli, che affermano il contrario. Eppure, a mio avviso, non c’è ragione di preoccuparsi». L’importanza dell’intervento di Cassinelli è nel fatto che non si affronta soltanto un principio, ma anche il dettaglio delle novità che il decreto va ad introdurre.

Secondo Cassinelli, affinché possano scattare gli obblighi stabiliti dal decreto, debbono sussistere contemporaneamente almeno 5 condizioni:

  • «vi sia un “fornitore di servizi di media”, cioè un soggetto che si assuma la responsabilità editoriale della scelta dei contenuti audiovisivi»
  • «l’obiettivo principale sia la fornitura di programmi “al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico”»
  • «il servizio sia esercitato nell’esercizio di una attività principalmente economica»
  • «il servizio sia esercitato “in concorrenza con la radiodiffusione televisiva”»
  • «il contenuto audiovisivo, all’interno del sito, abbia carattere “non meramente incidentale”»

Nel proprio post Roberto Cassinelli affronta quindi alcune casistiche, sviscerando i casi specifici e dimostrando così come né un blog privato (impossibile, ad esempio, che si possa far concorrenza alla radiodiffusione televisiva), né YouTube (il sito non ha responsabilità editoriali per quanto pubblicato) possano incorrere in quello che in molti hanno definito come un “bavaglio”.

«Toh, scopriamo che – in realtà – questo decreto legislativo che secondo alcuni vorrebbe imbavagliare la libertà d’espressione ed informazione dei normali cittadini si rivela in realtà un vincolo esclusivamente per le grandi realtà professionali. Magicamente crolla il castello di chi ha sostenuto che dietro tutto questo ci sia in realtà un “disegno” per trasformare internet in una TV e favorire così i grandi gruppi dell’informazione televisiva (Rai, Mediaset, Sky)». Quella di Cassinelli è una interpretazione, qualcosa che probabilmente non sarà sufficiente per placare le pressioni della controparte. Ma si tratta di una presa di posizione importante, poiché affronta nel merito la questione giungendo alle medesime conclusioni già avanzate dall’analisi di Stefano Quintarelli: «Questo testo ha molte imprecisioni e, come tutte le norme, è difficile da leggere dovendo conoscere il contesto legale di dettaglio in cui si inserisce. Quanto vedo scritto arrivando a dire che occorrerebbe una autorizzazione per una webcam o che ammazzerebbe youtube, IMHO è sbagliato.

Cassinelli affronta la questione stizzito, ricordando come gridare “al lupo! al lupo!” è spesso il modo più semplice per aprire il fianco ad attacchi veri alla libertà sul Web: «Lo dico, ovviamente, da amico ed utente della rete, oltreché da blogger». Paolo Romani, nel frattempo, ha discusso della cosa con esponenti di Google e Yahoo carpendo la necessità di gettare luce ulteriore sul testo onde evitare ulteriori incomprensioni: «Alcuni cambiamenti saranno discussi fra martedì e venerdì. Sono possibili modifiche sul cinema e faremo chiarezza su Internet».

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