Internet sia un diritto fondamentale

Internet è un diritto fondamentale delle persone: a sostenerlo non è una associazione, non è una legislazione, ma sono le persone stesse. Il sondaggio è stato condotto dalla BBC su un campione di 27000 utenti in tutto il mondo, metà dei quali senza Rete
Internet è un diritto fondamentale delle persone: a sostenerlo non è una associazione, non è una legislazione, ma sono le persone stesse. Il sondaggio è stato condotto dalla BBC su un campione di 27000 utenti in tutto il mondo, metà dei quali senza Rete

Quattro persone su cinque ritengono l’accesso a Internet un diritto fondamentale delle persone. L’indagine (pdf) è stata condotta da GlobeScan su commissione BBC World Service ed il risultato è eclatante: il 79% degli intervistati (27,973 persone in tutto il mondo, la metà delle quali attualmente attive sul Web) considera la Rete un bisogno assoluto e qualcosa che deve essere garantito a livello di diritto fondamentale. A sostenere ciò sono utenti in ogni angolo del pianeta, dotati o meno di accesso alla Rete. Poco conta se ad oggi ancora nessuna normativa consideri la Rete come un diritto: lo è già nel sentire comune, lo è già a livello di percezione diffusa.

Corea del Sud (96%), Messico (94%) e Cina (87%) sono i paesi con maggior passionalità nel considerare l’importanza della Rete per la qualità della vita. Addirittura il 71% degli utenti privi di accesso ad internet considerano il Web un diritto imprescindibile, chiedendo così ad alta voce di avere a disposizione uno strumento che si ritiene ormai di importanza primaria. Nessun dato è purtroppo disponibile relativamente all’utenza italiana: il nostro paese non è stato annoverato tra le 26 nazioni nelle quali il sondaggio è stato proposto.

Il 78% degli intervistati vede nella Rete un viatico di libertà, il 90% ne intravvede una piattaforma educativa importante ed il 51% vorrebbe semplicemente poter dedicare parte del proprio tempo a Facebook o MySpace. Nei paesi con una maggior storia sul web sembra più radicato però un certo scetticismo: Giappone (65%), Francia (69%) e Germania (72%) nutrono dubbi sulla reale libertà di espressione in Rete, percentuali che si contrappongono alla fiducia che India, Ghana o Kenya ripongono nel nuovo strumento e nel suo potenziale.

Il 53% degli intervistati chiede che la Rete possa rimanere una sorta di porto franco, ove l’autoregolamentazione possa prevalere rispetto alle normative nazionali. Ciò che più di ogni altra cosa rallenta ancora la piena fiducia nella Rete è ad oggi il pericolo di frode. Il 32% vede nelle truffe il maggior motivo di preoccupazione, seguito da contenuti violenti (27%) e pericoli per la privacy (20%). Il 30% degli utenti è altresì convinto che la Rete possa avere un forte potenziale per cercare l’anima gemella, ed è in questo aspetto che emerge nuovamente il potenziale sociale di uno strumento che, anzitutto, connette le persone.

Questo vuole l’utenza: interconnettersi. Discutere, dialogare, condividere, interagire: sono queste facoltà che la Rete moltiplica, e per questo motivo nella Rete viene identificato un bisogno primario che, per estensione, trasforma il diritto di espressione in un diritto di accesso allo strumento che più di ogni altro ne abilita e potenzia i canali. «Il diritto di comunicare non può essere ignorato»: secondo Hamadoun Toure, Segretario Generale della International Telecommunication Union (ITU), le nazioni dovrebbero considerare la rete Internet alla stregua della rete stradale o della rete per l’acqua potabile. Trattasi infatti di un bene a cui chiunque dovrebbe aver diritto di attingere. Ogni riferimento al digital divide non è, ovviamente, casuale.

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