Buon compleanno, spam!

10 anni fa la prima, clamorosa, azione sui gruppi Usenet. Gli spammer 'festeggiano' puntando ai 35 miliardi di messaggi non sollecitati per il 2004. Anniversario poco glorioso di un fenomeno inarrestabile.
10 anni fa la prima, clamorosa, azione sui gruppi Usenet. Gli spammer 'festeggiano' puntando ai 35 miliardi di messaggi non sollecitati per il 2004. Anniversario poco glorioso di un fenomeno inarrestabile.

Laurence Canter. Un nome che ai più non dirà molto. Eppure, nella breve ma straordinaria storia dell’Internet, gli spetta di diritto una posizione di riguardo. Non certo per i benefici apportati ai milioni di utenti che oggi utilizzano questo strumento.

Era il 12 aprile di dieci anni fa. I gruppi, allora non moltissimi, di Usenet
vennnero sommersi da quantità industriali di messaggi provenienti dallo studio legale Canter&Siegel. Offrivano assistenza e consulenza agli immigrati che aspirano ad ottenere la Green Card, il ‘permesso di soggiorno’ che il governo americano concede annualmente anche con una speciale lotteria.

Tutto chiaro? L’azione di Canter (resa possibile da un semplice script in Perl da lui stesso creato) rappresenta per molti la nascita dello spam. E così l’ha voluta ‘celebrare’ cNet, con un lungo articolo e un titolo quanto mai azzeccato: Happy spamiversary.

Se la ricostruzione di cNet ci restituisce il tenore non proprio amichevole
delle reazioni con cui venne salutata l’impresa di Canter, è comunque molto istruttivo e divertente andare a spulciare gli archivi di Usenet. In thread come questo o quest’altro, ci sono già, in buona sostanza, i lamenti tipici di chi anche oggi combatte invano questa piaga: l’invadenza, lo spreco di tempo e risorse, le accuse contro i provider, le proposte di ‘vendette’ o boicottaggio. E ricordiamo che in quel caso non si trattava di spam via e-mail, che rispetto a quello che si abbatte su spazi di discussione pubblici è di gran lunga più pernicioso, colpendo uno spazio che si vorrebbe naturalmente privato e non invaso da spazzatura.

Gli ultimi dati ci parlano di un fenomeno pressocché inarrestabile e difficile da contenere. Brightmail, azienda leader nel settore del software anti-spam, pubblica mensilmente una sorta di rapporto che misura la percentuale di mail spazzatura rispetto a quelle legittime: nel mese di marzo la cifra era del 63%. Altri punti di osservazione interessanti sono i grandi fornitori di servizi di e-mail. Se AOL ha recentemente sbandierato un calo drastico dello spam verso i suoi utenti grazie all’adozione di sistemi di filtro, Yahoo e Earthlink parlano di una crescita esponenziale. E il grafico pubblicato da Brightmail, sembra restituirci la stessa idea. Secondo la società di ricerca californiana Radicati Group, il numero di messaggi di spam dovrebbe toccare per quest’anno l’incredibile cifra di 35 miliardi (rispetto ai 15 del 2003), per crescere fino ai 142 milardi nel 2008. È chiaro che rapporti o ricerche vanno presi con le molle, valutando chi fa cosa per chi (Brightmail, per dirne una, avrebbe tutto l’interesse a presentare lo spam come una minaccia). Ma è altrettanto chiaro che la statistica, nel nostro piccolo, possiamo farcela da noi e su indirizzi non protetti i dati non sarebbero certamente lontani da quelli visti qui sopra (se non peggiori).

Gli ultimi mesi hanno visto prendere forma due tipi di contromisure: quella dei sistemi di difesa via software e quella delle iniziative legislative. Nel
primo caso siamo di fronte ad un settore in crescita, sia in termini di efficacia
che di peso economico. Secondo dati forniti da Radicati Group e diffusi dalla
Reuters, il giro d’affari per il 2004 dovrebbe aggirarsi intorno al miliardo di
dollari.

Molti dubbi vengono invece espressi sull’efficacia delle misure legislative.
Quasi tutti i paesi sono ormai dotati di strumenti ad hoc per tentare di arginare il fenomeno. E non mancano le iniziative sovrannazionali come la Direttiva UE sulla privacy entrata in vigore lo scorso 31 ottobre. In certi casi, si è arrivati alla previsione di pene detentive per gli spammer più aggressivi. Come per situazioni analoghe, però, c’è il rischio che tutto si risolva in qualche iniziativa ‘spettacolare’ e poco più, mentre la realtà sarà fatta di aggiramenti e contestazioni delle regole.

Un esempio. Mentre i coniugi Jaynes rischiano, stando alle accusa, 20 anni di galera per aver inviato 100.000 messaggi di spam, nello stato dello Utah ci si prepara ad una dura battaglia legale contro la legge statale su spyware e spam. A promuovere l’azione, un’azienda (WhenU) che ritiene lesi i propri diritti costituzionali a svolgere attività di promozione. A quante di queste cause assisteremo? Che effetti potrebbero avere sentenze favorevoli ad aziende come WhenU?

Il problema, per ora, sembra si possa affrontare solo a livello individuale,
ovvero prendendo tutte le misure necessarie per evitare di essere quotidianamente sommersi da posta non desiderata. Dal momento che lo spam è ormai legato a quell’altro bubbone infestante rappresentato da virus e worm, qualcuno torna a parlare del famoso ‘patentino’ per andare su Internet. Un’idea che può far sorridere, certo, ma che prende atto di un dato di fatto incontestabile: esiste una larga fetta di utenti (chiamiamoli newbie) che sono le prime vittime potenziali di virus, spam e truffe (vedi alla voce dialer), ma che con comportamenti avventati e inconsapevoli possono arrecare danni all’intero sistema. E comunque,
forse un patentino no, ma una sana e seria campagna informativa svolta dai soggetti più sensibili e interessati, sarebbe certo auspicabile.

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