Il portale chiuso rinasce sul 3G

Vodafone lancia i suoi servizi 3G: banda larga e contenuti multimediali per tutti, ma con una strategia di distribuzione dei contenuti che per molti nasce già vecchia.
Vodafone lancia i suoi servizi 3G: banda larga e contenuti multimediali per tutti, ma con una strategia di distribuzione dei contenuti che per molti nasce già vecchia.

Con il lancio in grande stile dei servizi 3G di Vodafone, per la telefonia
di terza generazione sembra davvero giunto il momento della verità. Riuscirà
il più importante operatore del mondo a dissolvere i dubbi degli scettici?

Intorno alle ‘magnifiche sorti’ promesse dall’UMTS, infatti, non sono poche le
nubi di incertezza addensatesi negli ultimi mesi. Era ben diverso il clima all’epoca
del rilascio delle licenze nei vari paesi. Le telco si svenarono pur di assicurarsi
un posto di riguardo ad una tavola che tutti immaginavano lautamente imbandita.
Se GSM, SMS, loghi e suonerie avevano portato profitti a valanga, il trend non
poteva che continuare con videochiamate, MMS, banda larga, video on demand e portali
scintillanti. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo l’utente. Capirà?
Apprezzerà? Fino a che punto e per che cosa sarà disposto a modificare
le proprie abitudini, a rinnovare il proprio armamentario tecnologico? Il gioco
è tutto qui, l’obiettivo il solito: trovare la killer application in un
mercato mutevole, in cui le variabili socio-culturali e persino ‘etniche’ hanno
un ruolo cruciale. Non sarà facile, insomma. E ha forse ragione l’Economist,
che in un articolo
di commento al lancio del 3G di Vodafone, ha fatto ricorso alla parola gamble:
è una scommessa, al limite dell’azzardo, soprattutto se si valutano le
cifre messe sul piatto. La sola Vodafone ha dovuto sborsare 24 miliardi di Euro
per le licenze, senza parlare dei massicci investimenti in infrastrutture.

Ma veniamo alle strategie. Se la prima carta giocata dai pionieri dell’UMTS
(in Italia 3) è stata la videochiamata, il focus sembra ora essersi spostato
sulla fornitura di contenuti. La tua musica. La tua TV. I tuoi video. Sono
i cardini della nuova campagna di Vodafone, una strategia che vede infatti al
centro di tutto il rinnovato portale Vodafone Live!. C’è chi ha ironizzato,
parlando di mentalità pre-internet, tipica di una vetusta visione da broadcaster.
C’è chi ha parlato, più generosamente, di un approccio da ‘internet
giurassica’, quella che ha mostrato presto i suoi limiti e la sua inconsistenza,
quella del walled garden: vieni sul mio portale, guarda quante belle cose
ti ho preparato, è facile, è gratis, vieni. Peccato che al di là
del muro di questo spelendido giardino ci siano cose altrettanto belle. Peccato
che per andare a vederle devo pagare un conto salatissimo, misurato magari a centesimi
per kilobyte.

Ecco il primo paradosso. Nel tempo in cui l’unica barriera tra te e i contenuti
che cerchi è una paginetta scarna con un form e sopra scritto Google, nel
tempo del P2P e della condivisione, nel tempo in cui tutti possono creare contenuti
digitali e renderli immediatamente disponibili al mondo, nel tempo dei blog e
degli instant messengers, dell’iPod e delle playlist, nel tempo in cui posso ‘aggregare’
a mio piacimento tutte le fonti informative che voglio, in questo tempo, cosa
mi viene proposto? Un portale dove posso fruire di contenuti già disponibili
in forme di gran lunga più efficienti su altri canali. Dove devo pagare
(e tanto) per cose che posso ottenere gratis in altri modi. E dove sono sostanzialmente
bloccato.

Il secondo paradosso ha a che fare con la tecnologia ed è mirabilmente
sintetizzato da un ‘allarmato’ rapporto
pubblicato nel maggio scorso da Mako Analysis, una società di ricerca
e consulenza per l’industria della telefonia mobile. Forse preoccupati per le
sorti finanziarie dei ‘poveri’ operatori, forse per eccesso di zelo, i signori
di Mako hanno identificato, correttamente, bisogna riconoscerlo, i potenziali
distruttori di quella macchina da profitti rappresentata dall’approccio del walled
garden
: gli smartphones. Sul banco degli imputati: Nokia 6600, 3650,
7650, Siemens SX1, Sony Ericsson P800, P900 e i loro fratelli. Cosa hanno di malefico
questi eccellenti cellulari? Hanno un sistema operativo, il Symbian. Significa
che puoi attingere ad una raccolta di centinaia di applicazioni di terze parti.
Significa che puoi farci tutte le cose che fai sul computer di casa. Per esempio
metterci su un programmino per crearti da solo le suonerie o gli sfondi. E questo
non va bene, perché se vuoi le suonerie e gli sfondi devi passare alla
cassa del tuo operatore e lasciare magari un obolo di 3 euro. Puoi anche metterci
un browser o un reader di feed RSS e andare a crearti il tuo menu di notizie.
Puoi persino aggiungere una capiente scheda di memoria MMC e, orrore!, metterci
un po’ di MP3 della tua collezione saltando, ancora una volta, la straordinaria
proposta del tuo fornitore di connettività GSM/3G. La contromossa di molti
operatori è nota: bloccare i telefonini. Lo ha fatto, per esempio, 3 UK
con il Motorola A920, un caso che fece rumore in Inghilterra qualche tempo fa
quando spuntò una patch messa in rete da un impiegato della stessa Motorola
e di cui venne impedita la distribuzione.

Di paradosso in paradosso, insomma, pare essere tornati alla metà dei
’90, gli anni del free vs. fee, per intenderci, quelli in cui tanti rimasero
prima folgorati sulla via del guadagno, per poi finire scottati in malo modo.
Se c’è una lezione da trarre da quegli anni, è che prima o poi arriva
un Napster a scombinare il gioco. A quel punto tornare indietro potrebbe diventare
molto complicato.

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