Digital divide: meglio il PC o il cellulare?

L'annuncio del laptop da 100 dollari sponsorizzato dal MIT apre nuovi scenari carichi di speranza. Ma qualcuno pensa che i paesi in via di sviluppo abbiano bisogno di cellulari piuttosto che di PC.
L'annuncio del laptop da 100 dollari sponsorizzato dal MIT apre nuovi scenari carichi di speranza. Ma qualcuno pensa che i paesi in via di sviluppo abbiano bisogno di cellulari piuttosto che di PC.

Nei giorni scorsi, Nicholas Negroponte, il celebre tecnologo del MIT,
ha finalmente potuto annunciare al mondo i dettagli di $100 Laptop, l’iniziativa che intende promuovere
la produzione di portatili a basso costo destinati innanzitutto ai paesi poveri.
L’ambizioso obiettivo dell’associazione no-profit che curerà l’attuazione
del progetto (OLPC, One Laptop per Child) è quello di fornire un laptop
a tutti gli scolari del mondo. Un prototipo del portatile da 100 dollari potrebbe
essere presentato a novembre in occasione di un summit delle Nazioni Unite, mentre
i primi esemplari pronti per la distribuzione dovrebbero apparire tra la fine
del 2006 e gli inizi del 2007.

L’abbassamento del prezzo è stato ottenuto riducendo all’osso le funzionalità
e il corredo hardware e software. I portatili monteranno un processore AMD da
500MHz, saranno dotati di un nuovo tipo di monitor LCD adatto a condizioni d’uso
estreme (luce intensa, per esempio), useranno una memoria flash invece che normali
hard disk, saranno resistenti, consumeranno poca energia. Il sistema operativo
sarà una versione ad hoc e senza fronzoli di Linux RedHat. Non mancheranno
4 porte USB, il supporto per il wi-fi e la capacità di connettersi a telefoni
cellulari.

Il progetto sponsorizzato dal MIT va dunque ad aggiungersi ad altre iniziative
analoghe volte a colmare il drammatico digital divide esistente tra paesi ricchi e poveri.
Le stesse Nazioni Unite sono impegnate su questo fronte con il Digital
Solidarity Fund, mentre sono diverse le iniziative intraprese da organizzazioni
no-profit di tutto il mondo per il riciclaggio e la donazione di PC usati.

Tutti questi progetti, a prescindere dall’efficacia di ciascuno, condividono
un punto. È un approccio al digital divide che potremmo definire PC-centrico,
basato cioè sul binomio PC + internet, un approccio che si è spesso
concretizzato, ad esempio, nella creazione di centri informativi ed educativi
in molti villaggi rurali di Asia e Africa (si tratta in genere di appositi locali
equipaggiati con PC e con connessione a internet a disposizione degli abitanti).

Un approccio alternativo è quello sostenuto con forza, tra gli altri,
dal settimanale britannico The Economist che al tema ha dedicato numerosi
articoli negli ultimi mesi. La tesi di fondo è questa: cosa se ne fanno
del PC e della connessione a internet persone che non sanno leggere e scrivere
e i cui bisogni primari sono legati essenzialmente alla salute, ad un reddito
infimo o alla fame? In questo contesto, la diffusione della tecnologia non dovrebbe
essere rivolta tanto all’obiettivo, certamente nobile, di colmare il digital divide
in sé e per sé, ma a stimolare lo sviluppo autonomo e dal basso
di quelle nazioni.

Più che promuovere la diffusione del PC, insomma, bisognerebbe promuovere
quella dei cellulari. Sono più facili da usare, accessibili anche a chi
non è in grado di leggere e scrivere, possono diventare un ottimo modo
per ‘essere iniziati’ alla tecnologia e in questo senso possono diventare un eccellente
‘ponte’ verso l’adozione di strumenti più sofisticati (come il PC). E ancora:
cosa è più utile in paesi dove mancano strade, dove i servizi postali
sono quasi inesistenti, dove la telefonia fissa è spesso un miraggio? Cosa
è più utile per il giovane che deve cercare lavoro a 600 km da casa
da fare in tre giorni? Il cellulare che gli può consentire di verificare
prima di partire e eventualmente di risparmiare tempo e fatica o un PC? E al pescatore
o al contadino che volessero verificare in quale mercato possono vendere meglio
la loro merce? E non reca enormi benefici alla vita di un villaggio il fatto di
poter condividere un apparecchio potenzialmente utile a tutti? È una visione
del problema che vede nell’arretratezza tecnologica non l’origine di tutti i mali,
ma il sintomo di ben più gravi carenze (povertà, mancanza di infrastrutture
e vie di comunicazione, analfabetismo…). Gli ausilii tecnologici che possono
funzionare sono quindi quelli in grado di intervenire sulle cause e non semplicemente
sui sintomi.

Rimane anche per il cellulare il problema cruciale del prezzo. Ma anche su
questo fronte qualcosa si muove. Il problema è stato al centro della recente
conferenza della GSM
Association svoltasi a Singapore. Nel corso dei lavori sono stati presentati
i primi dispositivi con un costo inferiore ai 30 dollari appositamente progettati
per i paesi in via di sviluppo nell’ambito dell’iniziativa denominata Connect
the unconnected
. Struttura solida, protezione da polvere e urti, schermo in
bianco e nero, autonomia di 330 ore in standby e 450 minuti di conversazione,
sono ad esempio le caratteristiche del Motorola C113. La prossima meta
fissata dalla GSM Association è quella di sfornare cellulari da 15$ entro
il 2008.

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