ConfCommercio: l'informatizzazione nella PMI

ConfCommercio ha pubblicato un interessante e corposo studio sulla penetrazione dell'informatica tra le piccole e medie aziende italiane. Ne scaturisce un quadro penalizzante soprattutto per la micro-impresa, la maggior parte della quale è nel meridione
ConfCommercio ha pubblicato un interessante e corposo studio sulla penetrazione dell'informatica tra le piccole e medie aziende italiane. Ne scaturisce un quadro penalizzante soprattutto per la micro-impresa, la maggior parte della quale è nel meridione

«La sostanziale arretratezza dell’Italia in questo senso è una realtà ormai nota: nel 2005, infatti, la spesa italiana in IT in rapporto al PIL si è attestata all’1,9%, lontana non solo dai valori dei Paesi considerati leader mondiali a livello di informatizzazione (Stati Uniti 4,0%, Svezia 4,4%,
Gran Bretagna 4,2%), ma anche da quello medio dell’Europa a 25 (3,0%)»: è questa la motivazione che ha spinto ConfCommercio ad una analisi approfondita (PDF, 2.03 Mb) dell’informatizzazione dell’impresa italiana, con una ulteriore considerazione: «questo scenario, di per sè già preoccupante, trascura però un segmento economico solitamente esterno alle indagini ufficiali: quello della micro e piccola impresa, ossia le entità con meno di dieci addetti, che in Italia occupa una posizione assolutamente di
rilievo nella struttura economica, tradizionalmente frammentata e di piccole dimensioni. Capire il livello di innovazione in questo segmento significa, quindi, dare uno spaccato significativo della reale dimensione del divario digitale a livello macro-economico, integrando quei dati già allarmanti relativi al nostro scenario produttivo».

La ricerca ConfCommercio si è pertanto sviluppata tramite indagine campionaria su un universo complessivo di 2.238.327 aziende (dati Eurostat 2005). Alcune rilevazioni statistiche ottenute:

  • «le ditte individuali con almeno un
    PC sono infatti il 66,9% del totale
    , percentuale che balza all’83,7% nelle imprese con numero di addetti compreso fra 2 e 5, per arrivare poi (con salti tra fascia e fascia di entità via via decrescente) alla quasi totalità per le imprese tra i 20 e 50 addetti»
  • «Nel complesso del target analizzato, le imprese con almeno un PC sono pari al 73,8%»

  • «Nel Commercio al Dettaglio e nei Pubblici Esercizi (i due settori in cui il ritardo tecnologico è più evidente), le variabili maggiormente significative per la segmentazione si riferiscono ad un uso della tecnologia marginale, in sostanza il possesso del PC, della connessione ad Internet e
    l’utilizzo di programmi di tipo Office […] nel settore dei Servizi e del Commercio all’Ingrosso, la variabile discriminante non è più la presenza di un PC e di Internet (dotazione sostanzialmente scontata per le aziende di
    questi settori), ma quella di un Server e, più in generale, l’utilizzo della tecnologia in modo più intenso e strategico per il proprio business»
  • «Ad una sostanziale uniformità per quanto riguarda Nord-Ovest, Nord-Est e Centro, si contrappone un Sud caratterizzato da una maggior presenza di aziende Low-Tech rispetto alle altre aree. Questo apparente ritardo del Mezzogiorno può però essere spiegato attraverso la diversa struttura economica, tanto che in questa luce l’influenza di un ipotetico “effetto area” è del tutto marginale: non è vero che le aziende del Sud investano sistematicamente meno delle omologhe del Centro-Nord, ma è vero che il Sud è caratterizzato da una maggior presenza di aziende individuali operanti nel Commercio al Dettaglio, settore che abbiamo sopra rilevato essere il meno “evoluto” dal punto di vista tecnologico»

La ricerca prosegue analizzando il grado di informatizzazione nei vari campi, analizzando verticalmente i problemi sulla base di parametri quali dislocazione geografica, numero di dipendenti e settore di riferimento. In generale le aziende vengono divise in cluster quali “low tech”, “medium tech” e “high tech” commisurando le varie dotazioni con i parametri medi emergenti da aziende confrontabili. Ne scaturisce un’Italia in cui le aziende “high tech” sono un’esigua minoranza (12.7%) e le “low tech” spartiscono il resto del mercato con le “medium tech”. Parallelamente le aziende “high tech” sono soprattutto quelle di grandi dimensioni, lasciando gravare soprattutto sulle ditte indivisuali il peso di un basso livello relativo di informatizzazione.

Distribuzione delle aziende per cluster

Distribuzione delle aziende per cluster

Parallelamente le aziende “low tech” risultano essere maggiormente presenti al sud (con una penetrazione del 57%) rispetto a centro (36.4%) e nord-ovest (36.4%). I dati evidenziano come ogni giurizio negativo sul meridione sia dunque forzosamente deviato dalla forte presenza di piccole aziende che abbassano i dati relativi all’informatizzazione della zona. Una ulteriore intervista ha permesso di evidenziare come i costi delle dotazioni informatiche siano l’elemento che, più di ogni altro, ne limitano la proliferazione. Parallelamente la «mancanza di soluzioni adatte all’attività» non è generalmente identificata come una causa, il che evidenzia come le scelte compiute dagli addetti siano dettate più dal bilancio che non da una reale sfiducia nello strumento. Non a caso tra i provvedimenti consigliati per favorire la penetrazione delle telecomunicazioni in ambito aziendale la prima posizione sia occupata dalla diminuzione dei costi. Segue a ruota la richiesta di maggior diffusione di banda larga e WiFi, elemento identificato ormai da tempo come requisito fondamentale all’adozione di strumentazione e servizi più evoluti.

A questo proposito è importante l’intervento del Ministro Gentiloni il quale, a margine della presentazione dei dati raccolti da ConfCommercio, ha rimarcato la necessità di ridurre il digital divide comunicando inoltre che entro l’estate dovrebbero essere emanati i bandi di gara per la concessione delle licenze WiMax.

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