Facebook, servono altri dollari

Facebook ha bisogno di investire e i 240 milioni promessi da Microsoft non bastano ancora. Altri 250 circa potrebbero dunque essere in arrivo da alcuni fondi privati per permettere al gruppo l'estensione delle strutture e del personale
Facebook ha bisogno di investire e i 240 milioni promessi da Microsoft non bastano ancora. Altri 250 circa potrebbero dunque essere in arrivo da alcuni fondi privati per permettere al gruppo l'estensione delle strutture e del personale

È del tutto evidente il fatto che Facebook intenda investire per concretizzare il potenziale che da più parti viene identificato nel gruppo. Allo stesso tempo è del tutto evidente il fatto che le idee pronte ad entrare in cantiere siano oltremodo onerose: servono nuove strutture, nuovi server, nuovo capitale umano di qualità, start-up da far proprie. Per tutto ciò, insomma, i 240 milioni promessi da Microsoft non bastano.

Secondo quanto ipotizzato dal Wall Street Journal, infatti, Mark Zuckerberg sarebbe in cerca di nuovi finanziamenti per il proprio gruppo. I primi sondaggi sarebbero già iniziati nel novero di hedge funds e private equity e la cifra cercata, secondo quanto riportato da CNN Money, sarebbe di circa 260 milioni ulteriori. Facebook, insomma, cerca un valore cash da 500 milioni da poter investire ed i primi rumor sembrano indicare qualche assenso già accordato per cifre in grado di completare quanto inaugurato dal portafoglio di Bill Gates.

Nessuna conferma giunge da Facebook, gruppo che a seguito della valutazione offerta da Microsoft è venuto a valere 15 miliardi di dollari per l’effetto di una semplice firma che vale come un prezioso attestato di fiducia. Tale operazione, però, potrebbe anche per certi versi rappresentare un ostacolo. Secondo il blog del Wall Street Journal, infatti, una valutazione tanto alta ridurrebbe l’appetibilità delle stock option offerte ai propri dipendenti, il che potrebbe rappresentare una attrattiva minore per quanti potrebbero ipotizzare di investire la propria carriera nel progetto.

Sergey Brin ricorda come la sua Google fosse nata dopo l’esplosione della bolla: il rigore imposto da quel preciso momento storico permise di crescere in modo sano e con grandi opportunità per il nucleo centrale del gruppo, cosa che invece non sta avvenendo per un Facebook nato in un periodo diametralmente opposto: labili entusiasmi nell’aria, forti flussi finanziari disponibili, movimenti in borsa poco prevedibili. «Penso che questa sia una sfida ulteriore che dovranno affrontare»: così il co-fondatore di Google poche ore prima che Facebook si accordasse con Microsoft.

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