Quelle parole virali come un video di YouTube

Un testo di Bertolt Brecht che non è di Bertolt Brecht. E la dimostrazione è in una ricerca che cancella ogni dubbio.
Un testo di Bertolt Brecht che non è di Bertolt Brecht. E la dimostrazione è in una ricerca che cancella ogni dubbio.

Mentre la poesia di Brecht che non è di Brecht – di cui ho scritto, non certo per primo, in un recente post cui vi rimando per una corretta comprensione di quanto segue – continua a tracimare sui blog, finisce addirittura in prima pagina su Liberazione e, mi dicono, imperversa perfino sui cellulari via sms, riprendo le fila del discorso per relazionare sugli sviluppi della mia dilettantesca indagine quei lettori filologo-feticisti che come me si sono appassionati a questo piccolo mistero.

Nei commenti al mio primo post, la lettrice Carmela mi segnalava una precisazione del romanziere Gianni Biondillo su Nazione Indiana. In breve: Biondillo cita in un post la solita poesia con la solita attribuzione a Brecht, un lettore nei commenti fa notare che non è di Brecht ma di Martin Niemöller, Biondillo risponde “Ok, è vero, è di Niemöller ma è stato Brecht a renderla celebre”.

Come, dove e quando Brecht avrebbe reso famoso un testo non suo, finendo addirittura (si immagina suo malgrado) per farselo attribuire, rimane un gaudioso mistero (per la cronaca, Biondillo è ritornato sulla questione proprio in questi giorni, sempre su Nazione Indiana, e sempre ribadendo questo bislacco assunto).

Dopo aver risposto a Carmela che la posizione di Biondillo, in base alle mie webindagini e in totale assenza di un qualche riferimento bibliografico, faceva acqua da tutte le parti, ho deciso di tagliare la testa al toro di carta: ho preso tastiera e polpastrelli e ho scritto a Bertolt Brecht stesso, o meglio, ai custodi della sua memoria: ovvero al Bertolt Brecht Archiv di Berlino.

Domande semplici: il testo è di Brecht o di Niemöller? Se è di Niemöller, vi risulta che Brecht ci abbia mai avuto a che fare o che l’abbia reso famoso?

Il Brecht Archiv di Berlino, nella persona della gentile curatrice Helgrid Streidt, mi ha sollecitamente risposto. E la risposta è di quelle che lasciano pochi dubbi.

 

Sehr geehrter Herr Carlucci,

nein, dieser Text ist nicht von Brecht, sondern von Pastor Martin Niemöller (1892-1984).

Risposta chiarissima anche a chi, come me, conosce il tedesco come l’arabo:

Gentile signor Carlucci,

no, quel testo non è di Brecht, ma del pastore Martin Niemöller (1892-1984).

Ma non finisce qui.

La cortese curatrice, infatti, allega alla sua mail lo scan di un articolo apparso nel 1987 su Notate, la defunta rivista dell’archivio (ha cessato le pubblicazioni nel 1990, con la caduta del muro: ricordiamo infatti che Brecht, finita la guerra, scelse di vivere nella DDR, e l’Archivio che porta il suo nome era conseguentemente situato a Berlino Est).

L’articolo, scritto dal professore di teologia e pastore evangelico Carl-Jürgen Kaltenborn, è incentrato proprio sulle fortune del testo in questione e si intitola “Wirksam wie ein Volkslied” (“Efficace come una canzone popolare” – virale come una popsong, o un video di youtube, diremmo noi ggiovani trentasettenni d’oggi): e, anche alla luce del recente contagio, si può dire che mai titolo fu più appropriato.



Attenzione: qui entra in gioco il prezioso Stefano, lettore del mio precedente post che si è offerto di sopperire alla mia capronaggine in lingua germanica regalandomi/ci una traduzione annotata del testo: quanto leggerete da ora in avanti lo dovete essenzialmente a lui (lode! lode!).

L’articolo di Kaltenborn prende le mosse da un precedente numero della rivista Notate (5/1986) in cui era stato pubblicato un volantino cileno riportante il nostro famigerato testo attribuito a Brecht. Primo punto d’interesse, perché dimostra, contrariamente a quanto avevo ipotizzato nel mio primo post, che l’attribuzione brechtiana non è “farina del web” ma preesisteva ad esso. Pare confermarsi, invece, l’ipotesi wikipediana sulle radici ispanofone dell’erronea attribuzione.

Kaltenborn mette subito in chiaro le cose: quel testo è di Niemöller, non di Brecht. Dopo aver tratteggiato una biografia dell’autore, Kaltenborn cerca di risalire alle origini del testo.

Nel mensile evangelico ‘Standpunkt’ 1/87 Hans Joachim Oeffler, pastore della chiesa evangelica di Kaiserlautern-Siegelbach e vicepresidente della Conferenza Evangelica per la Pace, ha sottolineato che la versione originale delle parole di Niemöller risale a una predica tenuta il 19 aprile 1976, un lunedì di Pasqua, nella sala comunitaria della chiesa di Kaiserslautern-Siegelbach ed è stata pubblicata da Martin Niemöller per la prima volta in un contributo con il titolo ‘Trent’anni di Repubblica Federale Tedesca’

Altra notizia interessante: secondo Kaltenborn, la prima apparizione a stampa del testo a cura del suo autore è del 1976. In seguito a quella uscita, prosegue Kaltenborn, il testo si diffuse in tutta la Germania Federale in diverse varianti, tanto da acquistare anche una risonanza internazionale.

Ho evidenziato “a cura del suo autore” perché in realtà il testo, o meglio alcune delle sue varianti, sono in circolazione da ben prima, più o meno a partire dagli anni ’50.

Questa apparente discrasia si risolve considerando che Niemöller, quel testo, l’avesse già concepito e diffuso durante i suoi discorsi e sermoni nell’immediato dopoguerra. Questa è la tesi del prof. Marcuse, che ha dedicato al tema dell’origine del testo una ricerca approfondita (nella quale, significativamente, Brecht non viene menzionato manco di striscio). Lo stesso Kaltenborn avvalora, seppur in maniera indiretta, questa ipotesi:

Che Martin Niemöller la pensasse in questo modo lo si può già dedurre da una conferenza del 3 luglio 1946. Riferiva di aver visitato, in compagnia di sua moglie, nell’estate del 1945 il campo di concentramento di Dachau, dove era stato imprigionato, e che vedendo la scritta apposta sui forni crematori: “Qui, negli anni dal 1933 al 1945, sono state bruciate 238.756 persone” si era chiesto: “E tu dov’eri dal 1933 fino al 1° luglio 1937?” (quest’ultima è la data del suo arresto), per concludere subito dopo: ‘Hermann Goering si vantava pubblicamente di avere eliminato il pericolo comunista: perché i comunisti, che non stanno in prigione per via del loro ‘crimine’, ora stanno dietro il filo spinato dei campi di concentramento appena creati. Adamo, dove sei? Accidenti, Martin Niemöller, e tu dov’eri? Ecco che cosa chiedeva Dio da quelle cifre…

E quel giorno, quando poi siamo tornati a casa, ho letto con nuovi occhi il capitolo 25 del Vangelo di Matteo: ‘Avevo fame e non mi avete nutrito; avevo sete e non mi avete dissetato; sono stato arrestato e voi non siete venuti da me’. Da cristiano avrei potuto e dovuto sapere, nel 1933, che attraverso ognuno di questi miei fratelli – che fossero comunisti o no – Dio in Gesù Cristo mi chiedeva se non volevo servirLo. E io ho rifiutato questo servizio e ho respinto la mia libertà. Perché ho rifiutato la mia responsabilità.

E Brecht?

Secondo Kaltenborn, un eventuale incontro fra Brecht e Niemöller, seppur ipotizzabile e ipotizzato, e anche possibile dal momento che Niemöller visitò più volte la DDR a partire dal 1953, non è mai stato provato.

Quanto ai rapporti tra Brecht e il nostro famigerato testo, Kaltenborn non ha dubbi:

le supposizioni riguardo un possibile adattamento, da parte di Brecht, della riflessione di Niemöller sono prive di solide basi, poiché la sua forma quadripartita, facilmente memorizzabile – che ha evidentemente favorito la sua ampia diffusione e la sua continua modifica -, non è rintracciabile prima del 19 aprile 1976 [quando cioè Brecht era morto già da vent’anni – ndr]

Per il prosieguo dell’articolo, lascio la parola e la responsabilità di chiudere il post al già citato Stefano, che io non avrei saputo riassumerlo e annotarlo con parole migliori:

A questo punto Kaltenborn (che è a sua volta un teologo) sostiene che la riflessione di Niemöller possiede comunque una dimensione esemplare. La storia della sua efficacia esprime una comunanza profonda delle persone ragionevoli e il fondamento di una coalizione basata sulla ragione.

Poi segue il collegamento con l’attualità del periodo in cui scrive l’autore dell’articolo. Essendo una rivista della (allora ancora esistente) DDR, c’è un riferimento al fatto che la loro società – diversamente da quelle capitalistiche – non conosce il “copyright” e non chiede i diritti d’autore quando si tratta di impegnarsi per il disarmo e la liberazione dei popoli.

Le strofe che variano l’originale di Niemöller acquistano così la forza di un canto popolare che serve a chi lotta per la pace. Ci sono poi dei riferimenti al Cile e al Nicaragua, dove i cristiani, le comunità di base cristiane e singoli vescovi si impegnano a fianco di chi lotta per la pace e per l’autodeterminazione dei popoli. Il fatto che in quei paesi molti cristiani siano al fianco dei comunisti e che usino i versi di Niemöller, attribuendoli a Brecht, assume quasi un valore simbolico.

E’ evidente – aggiungo io – che questo pezzo è “viziato” da una sorta di “autogiustificazionismo”: negli anni Ottanta cominciano a formarsi dei gruppi di pacifisti e dissidenti che trovano protezione sotto la chiesa evangelica, tollerata dal regime comunista della DDR. Qui l’autore cerca di far quadrare il cerchio, mostrando che questo tipo di cristianesimo non è affatto in contraddizione con il socialismo reale.

Credits: Ringrazio Helgrid Streidt del Bertolt Brecht Archiv di Berlino per la sollecita disponibilità e per la gentilezza. Ringrazio i lettori Carmela, Mari e Stefano per le segnalazioni e il prezioso aiuto.

NOTA BENE: per quanto riguarda il permesso di divulgare qui lo scan dell’articolo di Notate, ho chiesto l’autorizzazione al B. Brecht Archiv, ma mi hanno comunicato che, dalla data della chiusura della rivista, i diritti sono tornati in possesso dei singoli autori. Sto provando a contattare il prof. Carl-Jürgen Kaltenborn, ma purtroppo una full mailbox si frappone fra noi. Data la natura peculiare dell’articolo, la sua età e l’inno al no copyright che contiene, ho deciso di mia iniziativa di renderlo pubblico. Quando e se riuscirò a contattare Kaltenborn, sarò ovviamente sollecito nel rispettare le sue volontà a tal proposito.

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