La censura cinese blocca iTunes

iTunes nel tempo non aveva mai dato troppi problemi in Cina. Ora la pubblicazione di un album in appoggio del Dalai Lama ha invece allertato la sicurezza cinese che ha immediatamente provveduto a mettere al bando il servizio oltre la Grande Muraglia
iTunes nel tempo non aveva mai dato troppi problemi in Cina. Ora la pubblicazione di un album in appoggio del Dalai Lama ha invece allertato la sicurezza cinese che ha immediatamente provveduto a mettere al bando il servizio oltre la Grande Muraglia

Tra mille dubbi e polemiche circa le circostanze politiche che hanno attorniato i giochi olimpici di Pechino, le Olimpiadi sono giunte al termine senza troppi scossoni. A pochi giorni dal termine, però, un nuovo caso di censura emerge in relazione ad una manifestazione di solidarietà nei confronti del Tibet. Coinvolta, nel caso specifico, una pericolosa cassa di risonanza che rischia di trasformare il veto in un pericoloso boomerang per la Cina: iTunes, popolare servizio per la vendita di contenuti musicali, è stato infatti messo al bando oltre la Grande Muraglia.

Nulla di ufficiale scaturisce né dalla casa di Cupertino né dalle istituzioni cinesi, ma pare assodato il fatto che all’origine del blocco vi sia la canzone “Songs for Tibet” firmata da nomi quali Sting, Suzanne Vega, Dave Matthews, Alanis Morissette, Ben Harper e i Garbage. Il pezzo è alla base del progetto “Art of Peace Foundation”, idea nata in totale appoggio delle recenti iniziative del Dalai Lama sul cui sito ufficiale si denunciano senza mezzi termini i compromessi a cui son scesi Google, Microsoft, Facebook e altri per poter avere accesso all’immenso bacino dei consumatori cinesi.

Apple non ha mai aperto un distaccamento ufficiale in Cina per il proprio iTunes. Ciò nonostante il servizio risulta essere molto popolare nel paese ed i download vengono spesso effettuati grazie al login su distaccamenti esteri del music store. Nel tempo il raggiungimento di iTunes è stato pressoché regolare, con brevi pause sempre risolte in poche ore. Negli ultimi giorni, invece, si è assistito ad un black-out continuato che ha suscitato più di una perplessità: il collegamento della censura alla “Songs for Tibet” è conseguenza ovvia e immediata.

Prima dei giochi olimpici le istituzioni cinesi avevano assicurato ampie garanzie ai giornalisti ed ai servizi occidentali: la libertà di stampa era stata garantita. La “tregua” olimpica non sembra però aver retto l’urto: secondo Reporters Sans Frontières, infatti, le violazioni sarebbero state molte e tali da coinvolgere almeno 100 tra giornalisti, blogger e dissidenti. 31 gli arresti in totale.

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