Un mouse, un voto

A pochi giorni dalle presidenziali statunitensi, numerosi osservatori lanciano il loro allarme sui sistemi per il voto elettronico: vulnerabili e poco affidabili. Ma quali garanzie offrono i futuri sistemi elettorali elettronici delle nostre democrazie?
A pochi giorni dalle presidenziali statunitensi, numerosi osservatori lanciano il loro allarme sui sistemi per il voto elettronico: vulnerabili e poco affidabili. Ma quali garanzie offrono i futuri sistemi elettorali elettronici delle nostre democrazie?

È possibile affidare a una macchina la gestione di un’elezione, del cuore stesso della democrazia? Una catena immateriale di bit trasmessa in Rete può sostituire la concreta e tangibile preferenza espressa su una scheda elettorale con una matita copiativa? E quali garanzie possono offrire i sistemi di rilevazione automatica del proprio voto? L’imminente tornata elettorale negli Stati Uniti apre interrogativi e getta non poche ombre sui moderni sistemi offerti dalla tecnologia per mantenere la promessa fondamentale della democrazia: una testa, un voto.  

Lo zio Sam alla prova dell’e-vote
A una settimana dalle elezioni presidenziali negli USA, aumenta l’attenzione verso i sistemi di votazione adottati in ogni singolo stato attraverso i quali i cittadini esprimeranno la loro preferenza. Al centro del dibattito è, ancora una volta, la possibilità di utilizzare il voto elettronico al seggio per sveltire le operazioni di votazione e di scrutinio delle preferenze. Una scelta adottata da numerosi stati, ma che sembra sollevare non pochi dubbi sul livello di sicurezza e riservatezza dei sistemi.

Ogni stato americano, infatti, ha la possibilità di scegliere in autonomia i sistemi di votazione per le tornate elettorali. Ciò contribuisce ad aumentare sensibilmente la varietà di soluzioni per il voto elettronico, che possono spaziare dalla semplice foratura della scheda elettorale a sistemi più complessi che prevedono l’utilizzo di schermi touchscreen o di rilevatori ottici per leggere automaticamente la preferenza espressa. Al termine della votazione, i dati raccolti elettronicamente vengono inviati attraverso linee dedicate, reti interne o sfruttando Internet al centro di raccolta statale, che provvede infine ad aggregare i voti e ad assegnare la vittoria a una delle due fazioni.

Stando alle ultime stime, nel corso delle imminenti elezioni del 4 novembre, circa 50 milioni di cittadini statunitensi utilizzeranno il voto elettronico per esprimere la loro preferenza. Una fetta molto ampia dell’elettorato, che coinvolge principalmente 24 stati in tutta l’Unione, che hanno deciso di adottare l’e-voting per sveltire e rendere più efficienti le procedure al seggio. Secondo alcuni osservatori, però, gli stati che hanno deciso di adottare il voto elettronico non si sarebbero sufficientemente adoperati per garantire sicurezza e certezza della ricezione delle preferenze ai seggi.

«È semplicemente pericoloso fare affidamento sulle attuali macchine per il voto elettronico per portare a termine elezioni precise e accurate» ha dichiarato Avi Ruben, docente di informatica alla Johns Hopkins University. Il timore è che si possano ripetere gli errori registrati nel corso delle ultime elezioni presidenziali, nel 2004, quando i sistemi per il voto elettronico portarono alla luce alcuni dati discrepanti. I computer della Carolina del Nord, per esempio, esclusero dal conteggio circa 4.500 voti per un errore nel software, mentre in altri stati numerosi elettori segnalarono anomalie ai seggi, ove alcune macchine attribuivano i voti per John Kerry a George W. Bush.

Problemi tecnici non indifferenti, che secondo alcuni si potrebbero ripetere anche nella nuova imminente tornata elettorale, con conseguenze da non sottovalutare. Al momento, infatti, Barack Obama e John McCain risultano appaiati in stati particolarmente cruciali in cui anche poche migliaia di voti potrebbero fare la differenza, attribuendo il numero di delegati necessari per conquistare la Casa Bianca. Stando alle stime fornite dal Brennan Center for Justice, stati chiave come Colorado e Virginia non avrebbero adottato misure sufficienti per garantire con sicurezza il voto elettronico.

Secondo gli esperti, falle di sicurezza e malfunzionamenti si verificheranno con molta probabilità a macchia di leopardo in buona parte degli Stati Uniti. Le stime meno ottimistiche parlano di uno stillicidio di voti forniti elettronicamente persi, piccoli casi locali, che su scala nazionale potrebbero però fare la differenza al momento dell’attribuzione dei delegati repubblicani e democratici. Nel suo report [pdf] “Is America ready to vote?”, la Verified Voting Foundation ha esaminato il livello di preparazione di tutti gli stati dell’Unione, valutando la presenza di piani di emergenza in caso di rottura delle macchine per il voto elettronico, sistemi per rilevare e correggere le discrepanze tra i dati, verificare l’attendibilità dei tabulati e disporne un eventuale utilizzo per successive analisi post elettorali. Sulla base di questi parametri, la Fondazione ha stilato un rapporto, rilevando come almeno una decina di stati, come Texas, Louisiana, Tennessee, siano sostanzialmente impreparati a gestire con efficienza le procedure legate anche al voto elettronico.

A causa dell’uso intensivo e concentrato in poche ore, spesso le macchine per il voto elettronico vanno in tilt, rallentando considerevolmente le procedure ai seggi. Riavviare e rimettere in linea i sistemi richiede tempo e comporta lunghe attese per gli elettori, come hanno chiaramente dimostrato le tornate elettorali del 2000 e del 2004. Per la Verified Voting Foundation, i seggi dovrebbero essere equipaggiati anche con schede elettorali tradizionali, da utilizzare nei momenti in cui le macchine per l’e-voting vanno in crash. Così facendo, i flussi ai seggi potrebbero essere mantenuti maggiormente regolari, consentendo a tutti gli elettori di esprimere le loro preferenze entro i termini temporali fissati per l’elezione.

Una soluzione di questo genere potrebbe rivelarsi molto utile per le imminenti presidenziali. Stando alle ultime rilevazioni, infatti, si stima per il 4 novembre un afflusso di elettori superiore alla precedenti tornate elettorali e tale da richiedere una gestione rapida ed efficiente delle operazioni di voto. Un maggior numero di elettori potrebbe aumentare le probabilità di errori e inesattezze tali da poter causare contestazioni e richiedere riconteggi, gettando non poche ombre sulla macchina elettorale statunitense.

Oltre alle inquietudini legate all’impreparazione di alcuni stati nel gestire l’imminente tornata elettorale, si aggiungono le prime valutazioni sull’effettiva sicurezza dei sistemi elettronici per il voto. A metterne in discussione l’efficienza e l’affidabilità è stata di recente la Princeton University attraverso il suo Center for Information Technology Policy, che ha rilasciato un dettagliato rapporto [pdf] sulle vulnerabilità riscontrate nei sistemi prodotti dalla Sequoia Voting Systems. Il modello per la registrazione del voto maggiormente utilizzato è costituito da una plancia, sulla quale viene collocata la scheda elettorale, in grado di rilevare la preferenza espressa dall’elettore. Terminate le votazioni, lo scrutinio avviene istantaneamente, grazie ai tabulati forniti dalla macchina con i dati automaticamente aggregati.

Stando alle informazioni fornite dai ricercatori della Princeton University, tale dispositivo sarebbe affetto da numerose vulnerabilità. Il firmware delle macchine contiene numerosi errori e può essere sostituito con facilità attraverso un chip ROM , compromettendo l’integrità della macchina. Mani esperte potrebbero così modificare il funzionamento dei sistemi per il voto elettronico, cambiando i risultati restituiti al termine delle votazioni. Seggi dotati di particolari architetture di rete potrebbero essere colonizzati dai nuovi firmware attraverso un solo terminale, aumentando a cascata i comportamenti anomali delle macchine. I ricercatori hanno dimostrato come l’intera operazione di sostituzione possa essere svolta da una sola persona in meno di sette minuti. Una macchina per il voto elettronico potrebbe essere manomessa con relativa facilità poco prima dell’inizio delle operazioni di voto.

L’interessante studio diffuso dalla Princeton University è stato commissionato dal New Jersey, interessato ad avere un parere autonomo e imparziale in una disputa legale intentata da tempo da alcuni cittadini, convinti che gli attuali sistemi per il voto elettronico non raggiungano gli standard minimi di sicurezza. I produttori dei dispositivi per la registrazione dei voti contestano ormai da tempo questo genere di ricerche, sottolineando come sia estremamente difficile riprodurre in laboratorio le condizioni reali dei seggi elettorali. Tuttavia, gli autori del report della Princeton sono convinti che le recenti vulnerabilità riscontrate nelle macchine della Sequoia Voting Systems possano essere sfruttate da numerosi esperti informatici. Conclusioni allarmanti cui sarà probabilmente difficile porre rimedio a sette giorni dal voto.

Il Regno Unito non si fida
Le perplessità e le numerose critiche ai sistemi di votazione elettronica destano molte cautele anche al di qua dell’oceano Atlantico. Dopo aver ventilato per mesi l’ipotesi dell’introduzione dell’e-voting, la Gran Bretagna ha deciso di compiere un passo indietro annullando qualsiasi piano per adottare il voto elettronico nel breve e medio periodo. “Il Governo non ha alcun piano per introdurre l’e-voting per le elezioni europee del 2009 o per quelle locali» ha comunicato Michael Wills del Ministero della Giustizia britannico.

Tuttavia, il governo di Sua Maestà non sembra escludere categoricamente la possibilità di attuare alcuni esperimenti a campione per valutare i sistemi di votazione elettronici. Al momento, però, non sono stati previsti fondi straordinari per mettere in moto un progetto pilota in alcuni seggi, a conferma dell’intenzione del governo di muoversi con estrema cautela sul delicato argomento. Anche in Gran Bretagna si temono le vulnerabilità cui sono soggetti gli attuali sistemi e le discrepanze che spesso si verificano con il voto tradizionale.

Già durante lo scorso aprile, il Rowntree Reform Trust criticò duramente le prime esperienze sperimentali per il voto elettronico in Gran Bretagna. Secondo l’istituzione. l’introduzione dei nuovi sistemi non porterebbe a un buon bilanciamento tra costi e benefici. La soluzione del voto elettronico sarebbe, infatti, eccessivamente costosa, poco trasparente e non in grado di assicurare maggiori sicurezze e tempi di votazione più rapidi ai seggi. Una stroncatura senza appello, che sembra quasi fare eco alle numerose critiche mosse negli Stati Uniti in queste ultime settimane prima del voto.

La via ibrida italiana
Anche in Italia regna un complessivo scetticismo sulle soluzioni per l’e-voting. Nel corso delle ultime tornate elettorali sono state condotte alcune sperimentazioni in un ristretto numero di seggi, affiancando però il voto elettronico a quello tradizionale, unico a far realmente fede nel Bel Paese. A livello nazionale il Ministero dell’Interno ha dimostrato nel corso degli anni un atteggiamento ondivago nei confronti dell’e-voting, spesso dovuto alle critiche provenienti direttamente dai partiti politici, poco propensi a sposare l’immateriale votazione attraverso dispositivi elettronici.

Nel Bel Paese si è così sperimentata una “strada ibrida” per sveltire la fase successiva alla votazione. Attraverso lo scrutinio elettronico, si aggregano i voti utilizzando un software registrato su DVD non riscrivibile e comprensivo di sistema operativo eseguibile da disco. I dati vengono successivamente caricati su una chiavetta USB che viene poi inviata insieme ai restanti incartamenti presso i tribunali locali. Tale soluzione consente di risparmiare tempo, specialmente nella fase di conteggio dei voti, ma ha destato non poche polemiche, specie all’indomani delle elezioni politiche del 2006.

Mentre continuano le discussioni, apparentemente interminabili, sul voto elettronico in numerose democrazie del Pianeta, alcuni stati hanno già raggiunto una nuova frontiera elettorale. È il caso dell’Estonia, che ormai da tre anni ha reso operativo un nuovo sistema per l’e-voting in remoto dal computer di casa attraverso Internet. Nel 2007 numerosi elettori hanno così deciso di eleggere il parlamento attraverso la loro connessione casalinga.

Per votare, i cittadini dell’Estonia utilizzano la loro carta di identità elettronica che funziona come una comune smart card attraverso un apposito lettore. La finestra temporale per votare precede di circa sei giorni la data ufficiale delle elezioni, così da consentire al maggior numero possibile di elettori di esprimere la loro preferenza. La medesima carta di identità elettronica viene utilizzata anche al seggio, impedendo così a una stessa persona di votare più di una volta.

Benché più complesso e immateriale, il voto elettronico sembra ormai profilarsi come l’unica soluzione valida per sostituire scheda e matita copiativa nei seggi, o direttamente da casa come avviene in Estonia. Una transizione forse inevitabile, ma che dovrà tener conto della trasparenza e della necessità di fornire ai cittadini sufficienti elementi per essere certi di esercitare correttamente, e in sicurezza, uno dei principali diritti della democrazia. Una testa un voto oggi, un mouse un voto domani.

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