Politica sul Web: promossa, con mille riserve

I siti web dei vari partiti politici sono più rivolti al proselitismo che non ad un vero e proprio dialogo con gli utenti. Puntano a raccogliere, più che coltivare. Meglio i big, peggio i partiti minori. Così recita una ricerca dell'Università di Udine
I siti web dei vari partiti politici sono più rivolti al proselitismo che non ad un vero e proprio dialogo con gli utenti. Puntano a raccogliere, più che coltivare. Meglio i big, peggio i partiti minori. Così recita una ricerca dell'Università di Udine

Nel giorno in cui Francesco Rutelli presenta il proprio nuovo partito “Alleanza per l’Italia”, una curiosa analisi dell’Università di Udine ha identificato quali sono le caratteristiche dell’approccio alla Rete da parte delle diverse correnti. Il quadro che ne esce è sostanzialmente statico, senza grandi miglioramenti rispetto a 12 mesi fa, con risultanze dl coordinatore Francesco Pira improntate su di un certo pessimismo per le capacità della politica nostrana di approcciarsi al Web: «L’edizione 2009 del Monitoraggio dei siti politici dei partiti italiani presenti nei due rami del Parlamento rivela la scarsa partecipazione degli iscritti in rete ed anche un uso sottodimensionato, rispetto agli altri paesi europei e agli Usa dei social network. Pochi i gruppi di ascolto e di dialogo, ancora tanta propaganda anche su Facebook e Youtube».

Come sottolineato da Pubblicamministrazione.net, gli errori sono sostanzialmente bipartizan, propri più di un sistema che non delle proprie espressioni interne: «I due principali partiti italiani, il Popolo della Libertà ed il Partito Democratico hanno leggermente modificato alcuni contenuti ed anche l’organizzazione stessa dei portali. Il PdL migliora la parte grafica, mentre aver suddiviso i contenuti in quattro mini siti, tre dei parlamentari ed uno del Governo Berlusconi, generano un rischio di dispersione e di duplicazione dei contenuti. Il Pd invece pur avendo una piattaforma tecnologica ben sviluppata sembra aver fatto un passo indietro nella capacità di stimolare la partecipazione degli utenti». Nessun passo avanti per Lega Nord e Unione di Centro, mentre l’Italia dei Valori ha fatto propria la carica del leader per «combinare chiavi comunicative efficaci con coinvolgimento dell’utente».

E se i siti Web non dimostrano alcuna particolare proprietà comunicativa, la situazione è probabilmente peggiore nell’interazione con i social media, ove gran parte della politica italiana sembra cercare più il proselitismo che non il dialogo: «Anche l’utilizzo di collegamenti con Facebook e Youtube non sono stati adeguatamente utilizzati. C’è da parte di tutti una corsa a caricare video su Youtube. Più difficile e quasi per nulla percorsa la strada della creazione di gruppi di discussione reale sul virtuale. In particolare si nota come non c’è, al contrario di quanto ha fatto il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, prima da candidato e oggi da Capo della Casa Bianca, nessuna ricerca nel dare all’iscritto nessuna forma di identità impegnandolo in un ruolo attivo, di ricerca di altri iscritti, o di ricerca fondi o di creatore di contenuti di cui può essere capace».

Feroce la critica, ma giudizi tutto sommato bonari: la “pagella” dei vari partiti sembra infatti promuovere tutti, con Lega Nord e UDC fermi su di una sufficienza formale (da segnalare però, nel contesto dell’Unione di Centro, l’attività di un Ferdinando Casini il quale, tanto tramite il proprio blog quanto su Friendfeed ed omologhi, sta portando avanti un tentativo nuovo che merita la dovuta attenzione). Premiati in modo particolare la comunicazione interattiva del PD e dell’Italia dei Valori, ma anche la fazione al Governo ne esce senza bocciature vere. Lungi dal voler rappresentare un prospetto scientifico sulle attività online della politica italiana, il report è comunque indicativo del modus operandi delle varie correnti nel proprio approccio con il dialogo tramite la Rete. Il giudizio sulla nuova “Alleanza per l’Italia” rimane in sospeso, ma gli esordi non sembrano comunque preludere a sostanziali rivoluzioni. Anzi.

Conclude il prof. Pira, sociologo della comunicazione in forza all’ateneo di Udine: «i partiti politici italiani stanno perdendo la grossa occasione di aprire e poi consolidare un fitto dialogo con i propri iscritti attraverso la rete. A questo si aggiunge anche la difficoltà di una crescita culturale del sistema paese e quindi del rapporto corretto tra partiti, candidati ed elettori/cittadini per la mancanza di una rete efficiente e non a macchia di leopardo».

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