La Cina risponde a Hillary Clinton: "Discorso dannoso per i rapporti USA-Cina"

I riferimenti alla Cina e alla particolare situazione legata alla vicenda Google, nel discorso tenuto ieri da Hillary Clinton sulla libertà della Rete, erano apparsi chiari fin da subito. Tanto che la reazione degli ambienti governativi cinesi non ha tardato a farsi vedere.

La discussione, in un primo tempo limitata strettamente alla vicenda relativa a Google, attaccata direttamente ai propri sistemi da cracker cinesi, si è via via fatta sempre più importante fino a mettere in gioco interessi economici e i rapporti tra Stati Uniti e Cina.

Alle dichiarazioni del Segretario di Stato americano, che aveva criticato duramente la censura sul Web messa in atto in diversi paesi, minacciando addirittura dei provvedimenti non meglio precisati per chi si fosse macchiato di attacchi cyber-criminali, hanno fatto seguito le dichiarazioni, anche queste poco concilianti, provenienti da Pechino.

A parlare è il portavoce del Ministero degli Esteri, Ma Zhaoxu, che definisce “irragionevoli” le accuse della Clinton aggiungendo:

Internet in Cina è aperta e la Cina è il Paese più attivo nello sviluppo di Internet. Alla fine dell’anno scorso i netiziens cinesi hanno raggiunto la cifra di 384 milioni e ci sono 3,68 milioni di website, 180 milioni di blog. […] Gli Stati Uniti hanno criticato il modo in cui la Cina gestisce Internet e insinuato che essa ne restringe la libertà. Chiediamo agli Stati Uniti di rispettare i fatti e smettere di utilizzare la cosiddetta libertà su Internet per formulare accuse senza fondamento alla Cina.

Per poi proseguire:

La Cina ha la sua situazione nazionale e le sue tradizioni culturali e gestisce Internet in accordo con le sue leggi e con le pratiche internazionali. Speriamo che gli Usa rispettino gli impegni presi dai leader dei due Paesi per uno sviluppo delle relazioni da entrambe le parti.

Una reazione dura quindi, com’era anche ampiamente prevedibile. Il governo cinese non sembra affatto gradire le pressioni provenienti dall’esterno e dagli USA in particolare per modificare la propria politica di controllo su Internet.

Da Pechino si rifiuta ogni accusa di censura e si invita a non strumentalizzare la libertà di espressione al fine di condizionare la politica interna del paese. L’appello della Clinton, che molti hanno apprezzato vedendolo come un importante tassello nella creazione di una coscienza civile che neghi ogni forma di censura, è stato recepito dalla Cina come un vero e proprio tentativo di ingerenza nel proprio operato, aprendo una frattura che adesso sarà compito della diplomazia cercare di chiudere.

Il rischio, concreto più che mai, è quello di scivolare veramente in una guerra fredda digitale che potrebbe rendere più tesi che mai i rapporti tra le due più importanti potenze economiche del mondo, il che, non è certamente una cosa positiva per il resto del mondo, ora più che mai bisognoso di unione e di collaborazione tra tutti i paesi soprattutto alla luce delle sfide che vedranno impegnata l’umanità nei prossimi decenni tra cui, tanto per menzionare una tra le più fondamentali, la delicata questione ambientale che proprio sull’asse USA-Cina vedrà giocata la sua partita decisiva.

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