Terrorismo, odio razziale e omofobia minacciano il Web

Se ai servizi nati con l’avvento del Web 2.0 non si può che riconoscere il merito di aver facilitato l’approccio alla Rete di milioni di persone, spalancando le porte a un’epoca dove tutti possono essere potenzialmente connessi con tutti, agli stessi portali bisogna guardare con un occhio attento e critico, soprattutto laddove la loro fruizione dovesse essere alla portata dei più giovani o di quelle fasce d’utenza potenzialmente vulnerabili e suggestionabili.

Oltre ai rischi legati alla visualizzazione e condivisione di contenuti pornografici oppure semplicemente offensivi, il più recente studio condotto dal Simon Wiesenthal Center mette in evidenza come negli ultimi anni sia diventato più marcato e preoccupante il proliferare di gruppi, siti e forum di discussione inneggianti a terrorismo, odio razziale, antisemitismo e omofobia.

In un documento PDF liberamente consultabile, corredato da una lunga serie di screenshot, è possibile passare in rassegna pagine Facebook che negano l’esistenza dell’olocausto e altre che chiedono la chiusura dei confini italiani a cittadini di alcune specifiche nazionalità, video YouTube nei quali vengono bruciati testi sacri e profili MySpace di band che professano la superiorità della propria razza attraverso la musica.

Uno sconfinato e dilagante universo che vive di vita propria tra le pagine dei social network, a portata di click per chiunque. La situazione assume poi contorni ancora più inquietanti quando il Web diventa mezzo per la diffusione di videogiochi a sfondo razzista (di recente ha fatto discutere quello in cui veniva offerta la possibilità di bombardare i civili sopravvissuti al terremoto di Haiti) o istruzioni per la fabbricazione casalinga di ordigni esplosivi da nascondere in un semplice telefono cellulare.

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