10 garanti per la privacy contro Google Buzz

Il Garante per la Privacy italiano, assieme ad altri 9 colleghi da Canada, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Spagna e Gran Bretagna, chiede a Google maggior rispetto per gli utenti. Il dito è puntato contro Google Buzz
Il Garante per la Privacy italiano, assieme ad altri 9 colleghi da Canada, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Spagna e Gran Bretagna, chiede a Google maggior rispetto per gli utenti. Il dito è puntato contro Google Buzz

«Il Garante italiano e altre Autorità di protezione dei dati, in rappresentanza di oltre 375 milioni di persone, hanno chiesto a Google Inc. e ad altre multinazionali un rigoroso rispetto delle leggi sulla privacy in vigore nei paesi in cui immettono nuovi prodotti online». Le Authority nazionali, insomma, non fanno sconti al colosso americano e puntano il dito contro il prodotto che più di ogni altro ha fatto discutere per il suo grezzo approccio alla privacy: Google Buzz.

«Troppo spesso il diritto alla privacy dei cittadini finisce nel dimenticatoio quando Google lancia nuove applicazioni tecnologiche. Siamo rimasti profondamente turbati dalla recente introduzione dell’applicazione di social networking Google Buzz, che ha purtroppo evidenziato una grave mancanza di riguardo per regole e norme fondamentali in materia di privacy. Inoltre, questa non è la prima volta che Google non tiene in adeguata considerazione la tutela della privacy quando lancia nuovi servizi». La lettera è firmata dai Garanti di Italia, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Spagna e Gran Bretagna.

La contestazione a Google è relativa al modo in cui Google Buzz è stato portato in Gmail trasformando la casella di posta in un social network, tutto ciò senza informare preventivamente gli utenti di quanto stava per accadere. Questo comportamento ha evidenziato tutti i propri limiti nel giro di poche ore, quando si è reso evidente il modo in cui la situazione era stata forzata e l’utenza si era trovata a condividere informazioni che non avrebbe invece voluto rese pubbliche.

«Con questo comportamento è stato violato un principio fondamentale e riconosciuto a livello mondiale in materia di privacy: ossia, che spetta alle persone controllare l’uso dei propri dati personali. Le Autorità riconoscono che Google non è l’unica società ad avere introdotto servizi online senza prevedere tutele adeguate per gli utenti. Tuttavia, sollecitano Google a dare l’esempio, “in quanto leader nel mondo online”, incorporando meccanismi a garanzia della privacy direttamente in fase di progettazione di nuovi servizi on line». Google non è il solo, ma Google è il leader. Google non è l’unico, ma è il più importante. Google dia l’esempio e, chiede il Garante per la Privacy, spieghi «come intenda assicurare che in futuro le norme in materia di protezione dati vengano rispettate prima del lancio di nuovi prodotti».

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