Reuters ai tempi di Twitter: scoppia il caso Goria

Il caso Goria sta fomentando le polemiche in queste ore contro l'agenzia stampa Reuters, che ha accusato un giornalista di aver pubblicato illecitamente lanci riservati ai clienti abbonati.
Il caso Goria sta fomentando le polemiche in queste ore contro l'agenzia stampa Reuters, che ha accusato un giornalista di aver pubblicato illecitamente lanci riservati ai clienti abbonati.

Un retweet ed è subito polemica: può riassumersi così la vicenda scoppiata tra l’agenzia stampa Thomson Reuters e il giornalista italiano di Linkiesta Fabrizio Goria. In pratica quest’ultimo è stato accusato da parte dell’agenzia di aver pubblicato su Twitter illecitamente lanci riservati ai clienti abbonati.

Violazione del diritto d’autore? Il colosso angloamericano dell’informazione tempestiva Reuters ha riscontrato in questi tweet una forma di concorrenza sleale e di furto di contenuti, anche se su Twitter il giornalista citava espressamente la fonte da cui provenivano i lanci incriminati. Inoltre, Goria è regolarmente abbonato ai canali a pagamento dell’agenzia, ma i quasi 15 mila follower che si ritrova no.

Il dibattito in Rete è accesissimo in queste ore. La questione è ormai famosa come “caso Goria“, e – polemiche a parte – a livello giuridico sarebbe di competenza di una normativa risalente al 1941. Ai tempi, l’art.101 della Legge sul diritto d’autore veniva così compilata:

«La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte».

La normativa sulla concorrenza sleale, invece, che prevede quei limitati casi in cui la riproduzione delle informazioni diventa illecita, cita:

«La riproduzione o la radiodiffusione, senza autorizzazione, dei bollettini di informazioni distribuiti dalle agenzie giornalistiche o di informazioni, prima che siano trascorse sedici ore dalla diramazione del bollettino stesso e, comunque, prima della loro pubblicazione in un giornale o altro periodico che ne abbia ricevuto la facoltà da parte dell’agenzia».

Bisogna tenere sempre a mente che questa normativa – come detto sopra – tutela la concorrenza, non il retwittare di un giornalista che ha sete di informazione e ama diffonfere le notizie – e che peraltro citandone la fonte pubblicizza l’agenzia, senza prendersi alcun merito. Inoltre, considerare la legge sul diritto d’autore nel contesto in cui venne redatta e approvata, ben settantanni or sono, fa ben sperare che – nel caso in cui Goria finisca realmente in tribunale – il giudice consideri che le sedici ore di cui parla la legge sono troppe nel contesto moderno in cui pullula l’informazione tramite la Rete.

La tempistica è tutto facendo giornalismo online, e l’intervallo di tempo previsto dalla legge è impensabilmente applicabile oggi. Inoltre, anche se riservati ai clienti fidati e che sottoscrivono l’abbonamento, i lanci di Reuters non potrebbero essere ripubblicati – citando la fonte – dopo essere stati legittimamente proposti dall’agenzia stessa? Secondo la legge si.

Considerare Goria come concorrente, poi, è davvero il colmo: un giornalista non è un’agenzia di stampa e mai potrebbe sostituirla. Anzi: i giornalisti lavorano attraverso le agenzie, proprio per la natura tempestiva dei lanci pubblicati. Inoltre, per quanto sia necessario tutelare il diritto d’autore, chi fa informazione dovrebbe mettere al primo posto l’informazione stessa, non la forma attraverso cui questa viene raccontata.

L’agenzia Reuters fa bene a tutelare i suoi diritti, ma non può discernere i principi del giornalismo. Per prima cosa, deve considerare i tempi che cambiano – oggi poi i social network risultano essere una rivoluzione nell’ambito mediatico – e la velocità con cui questo accade. E a seguito dovrebbe valutare moralmente il diritto di informare: può un professionista dell’informazione trattenere una notizia?

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