Information overload? Questione di Eco

Umberto Eco lancia il sasso: l'information overload nel lungo periodo può trasformarsi in una forma di involontaria autocensura?
Umberto Eco lancia il sasso: l'information overload nel lungo periodo può trasformarsi in una forma di involontaria autocensura?

Sta facendo molto discutere in queste ore un editoriale pubblicato da Umberto Eco su L’Espresso a proposito del caos informativo che la rete determina. L’analisi di Eco è volutamente superficiale, raccolta in pochi paragrafi e pertanto scagliarvisi con troppa forza appare una forzatura. L’analisi di Eco, al tempo stesso, è non-volutamente superficiale, affrontando temi e problematiche troppo ampi per essere soffocati su una piccola paginetta che vola via in trenta secondi. Il risultato è una provocazione che accende una miccia e la lascia deflagrare. Aggiungendo caos al caos.

Information overload e censura

Il problema che solleva Eco con il suo “Che casino, troppe informazioni” è però di sicura importanza. La tesi avanzata è quella per cui l’eccesso di informazione possa scaturire in una assenza di informazione. Come una sorta di implosione paradossale, l’information overload porta ad una offerta tanto ampia ed indifferenziata di contenuti e fonti che individuare una via ragionevole o un approfondimento significativo diventa in molti casi impossibile. Per questo, conclude Eco, la presenza di Internet rischia di portare effetti deleteri che emergono oltre tutti i vantaggi che invece la Rete stessa promette.

L’apertura dell’informazione diventa impossibilità di accedere a quanto desiderato. Una ampia disponibilità di materiale diventa impossibilità di scelta. La ricchezza di informazioni corrisponde alla povertà dei riferimenti.

[…] l’accesso incontrollato alle varie fonti, espone al rischio di non saper distinguere le informazioni indispensabili da quelle più o meno deliranti.

Per rendere costruttiva la riflessione di Eco occorre depurarla del riferimento alla Nonciclopedia, poiché fuorviante: chiunque conosca la Nonciclopedia sa quale sia la sua natura, quale la sua affidabilità e quale la sua posizione nell’universo informativo della rete. Ed il problema sembra emergere per certi versi proprio in questo esempio:

È in corso una discussione se sia bene o male che oggi ciascuno possa stampare e mettere in circolazione un libro senza la mediazione di un editore. L’argomento positivo è che in passato tanti scrittori eccellenti sono rimasti ignoti per colpa di un ingiusto sbarramento editoriale, e che una libera circolazione di proposte non possa che costituire una ventata di libertà. Ma sappiamo benissimo che molti libri vengono scritti da personaggi più o meno eccentrici, così come accade anche per tanti siti Internet. Se non ci credete, andate a vedere “nonciclopedia.wikia.com/wiki/Groenlandia” dove si dice: “La Groenlandia è un’isola situata in un punto del globo terrestre che, se esistesse davvero, confermerebbe l’ipotesi che la Terra è quadrata. E’ l’isola più popolosa al mondo per quanto riguarda il ghiaccio…. Inoltre è uno stato dell’Europa, o perlomeno così mi sembra, non ho voglia di consultare l’atlante quindi prendetela per buona. Si trova nell’emisfero boreale, in Borea del nord.”.

Come fa un ragazzo a sospettare che l’autore di questa notizia stia scherzando, o sia un personaggio eccessivamente stravagante?

Come fa un ragazzo a sospettare che l’autore di questa notizia stia scherzando? Risposta: si informa. È un suo dovere per distinguere l’ingenuità dall’intelligenza. Così come per percorrere una strada occorre conoscerne riferimenti e segnaletica, e così come per uno studio su libri occorre conoscere le regole della lettura ed i punti di riferimento principali individuati dalla storia, allo stesso modo per vivere la Rete occorre conoscerne le dinamiche, la natura, l’essenza. Occorre sapere che le fonti si sono moltiplicate all’ennesima potenza (Guglielmo da Baskerville in questa infinita biblioteca virtuale non potrebbe muoversi se non con un Fra Google che gli possa fare da guida), che i motori di ricerca sono neutrali soltanto nel limite delle capacità tecniche e degli interessi del business sottostante, che nulla è affidabile per diritto precostituito.

Nel mondo della relatività occorre muoversi dimenticando le regole dell’assoluto, altrimenti o ci si perde, o si compiono percorsi non interpretabili. Umberto Eco fa una capriola all’indietro e prova a trasformare idealmente la Nonciclopedia in un libro:

Così può accadere coi libri. Difficile che un editore accetti di pubblicare notizie del genere, se non precisando sulla copertina o sul risvolto che si tratta di una raccolta di allegri paradossi. Ma quando non ci fosse più alcuna mediazione a dirci se un libro va preso sul serio o no?

Ed è in questo che l’operazione si fa per certi versi ingenua: trasla un concetto da una dimensione ad un’altra (dalla rete al cartaceo), effettuando un confronto che non può reggere. La controverifica potrebbe essere fatta con una ulteriore capriola all’indietro, rigiocando a Eco la stessa moneta: nel mondo della tradizione orale precedente alla scrittura, luoghi comuni e paradossi erano pane quotidiano nella narrazione. E quando celavano un significato da tramandare nutrivano la storia affinché nel tempo potesse sostenersi e rilanciarsi. La storiella della Nonciclopedia, se solo non fosse rigonfia soltanto di ironia, avrebbe motivo di esistere in un mondo nel quale le regole non sono quelle dei paragrafi, delle pagine e delle librerie.

Questione di Eco

Meditare sulle parole di Eco è utile a prescindere, poiché la sua sollecitazione è fondamentale: chi, nell’epoca della Rete, ha il ruolo della guida all’interno del mondo del sapere? Un sistema privo di riferimenti ed affidato a strumenti di ricerca per l’autoformazione dell’opinione non rischia di essere eccessivamente fragile, opaco e deleterio ai fini della coltivazione di nuova cultura e nuovo sapere?

Fermarsi a questi interrogativi è utile. Scendere a giudizi, spostando l’attenzione dalla provocazione all’autore della stessa, degrada invece nella caciara quella che poteva essere una intrigante opportunità di dibattito. Del resto la stessa pubblicazione di un giudizio su Eco (specialmente se in assenza di motivazioni argomentate) è in sé una contraddizione: chi legge può informarsi su Eco e capire quale sia la sua formazione e l’origine della sua notorietà. La verità non emergerà da una serie di verità precostituite ed incastonate in un cognome, ma dalla contrattazione quotidiana di più punti di vista e da un bilancino sul quale occorre mettere libri ed url per arrivare ad una opinione matura e strutturata.

L’era della Rete è quella dell’opulenza dell’informazione. Non sempre l’opulenza ha contraddistinto il benessere, ma spesso le due cose sono state confuse. L’era di Internet è quella delle tesi di laurea copiate, così come l’era in cui con una semplice ricerca si può sfogliare un libro lontano migliaia di chilometri. Ed entrambe le cose convivono, fianco a fianco, parti integranti della stessa realtà.

Giudicare un’era in poche righe non si può. Giudicare Eco dopo una fugace riflessione in un editoriale è cosa risibile. Giudicare la Rete per una pagina di Nonciclopedia è fuorviante. Tentare di capire, invece di giudicare, è invece forse la cosa migliore da fare per evitare di perdere tempo ulteriore.

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