Zaza, la viralità di un rigore sbagliato

Nel rigore sbagliato da Simone Zaza contro la Germania ci sono tutti gli elementi riconoscibili della viralità, condizioni essenziali al click compulsivo.
Nel rigore sbagliato da Simone Zaza contro la Germania ci sono tutti gli elementi riconoscibili della viralità, condizioni essenziali al click compulsivo.

Visto che sportivamente non ci sarà più di alcuna utilità, almeno su un altro livello la partita Italia-Germania degli Europei 2016 può ancora esserci preziosa. Può esserlo infatti per notare come, improvvisamente, sia scattata un’ondata di video “virali” (parola abusata, ma in questo caso può valer la pena spenderne ancora una volta l’utilizzo) basati sul balletto di Simone Zaza durante il proprio calcio di rigore. In poche ore, infatti, è maturata una situazione tale per cui da un singolo caso è sgorgata la creatività di molti, rendendo quel momento tanto eccitante per i social network e per milioni di utenti.

A ben pensarci di cose particolari durante la partita ne erano state proposte varie. Ad esempio non solo Zaza ha sbagliato il rigore: a fallire nella lotteria finale sul tabellino vanno anche i nomi di Pellé, Darmian e Bonucci. Eppure un solo rigore ha scatenato la fantasia al termine della gara (in misura molto minore quello di Pellé, ed al termine di questo articolo sarà facile comprenderne il perché). Ed è una fantasia fatta di gif e di filmati, di fotomontaggi e di mix con cartoni animati o film, di rielaborazioni di varia natura che in molti casi sembrano prescindere anche dalla qualità dell’immagine. Non è la qualità che conta, infatti, ma l’idea. Ed ecco quindi che nasce la Zaza Dance, ecco che il suo passetto è confrontato a quello di Flashdance, il suo calcio a quello di Holly alla prima sfida con Benji, la sua rincorsa a una gif animata infinita, i suoi saltelli ad un salto con la corda, la sua postura a quella dei pigiatori d’uva dell’altro secolo e molto altro ancora. Inutile riproporli in questo contesto: la Gazzetta dello Sport ne ha già fatta una buona collezione fin dalle ore successive all’incontro e una semplice ricerca su Twitter completa il quadro complessivo.

Le condizioni della viralità

Tutto si è consumato in poche ore: dal rigore di Zaza alle prime rielaborazioni sono passati pochi minuti, l’esplosione della viralità è esplosa in poche ore. E con il senno del poi è possibile intravedere alcune condizioni essenziali che hanno reso tanto popolare quel momento:

  • elemento riconosciuto: il rigore è stato visto dalla gran parte degli italiani, rendendolo cosa nota e riconoscibile da milioni di persone. La viralità non avrebbe mai potuto prendere piede se il rigore non fosse stato un momento condiviso e riconosciuto;
  • elemento riconoscibile: il rigore non solo è stato visto e conosciuto, ma è anche fortemente riconoscibile. La ricorsa con i saltelli è infatti un elemento di distinzione che già ha urtato i cuori di quanti stavano vivendo in diretta il momento, quindi è diventato oggetto di discussioni “da bar” nel post-partita, consacrando il rigore ad un momento del tutto univoco e dotato di identità propria rispetto al resto della partita. Anzi, tanta popolarità lo ha trasformato presto in capro espiatorio per sfogare le frustrazioni della sconfitta, esacerbando dunque l’attenzione su ogni singolo aspetto di quello che a tutti è parso uno degli errori più clamorosi;
  • elemento modificabile: l’unicità della rincorsa ha un effetto ulteriore: in qualità di elemento identitario, è anche l’aspetto sul quale investire la creatività durante le post-produzioni che hanno reso virale il momento. Il rigore è durato una decina di inquadrature, ma quella dall’alto delle gambe zampettanti è stata in assoluto quella più condivisa e rielaborata;
  • elemento abilitante: la “fortuna” di quel rigore è stata la sfortuna della nazionale di Conte, ma senza dubbio l’errore è ciò che ha scatenato la creatività. L’errore in sé non ha ruolo nella viralità del video, ma se la palla non fosse finita fuori dallo specchio della porta non vi sarebbero state le condizioni per dare il via al lavoro di migliaia di persone impegnate con i propri software di elaborazione. L’errore è dunque un elemento abilitante poiché ha evitato che il rigore fosse un gol come molti altri: probabilmente gli italiani avrebbero preferito uno strano gol ad un errore virale, ma a questo punto della storia non resta che accontentarsi.

Non esiste una formula assoluta per determinare il grado di viralità di un elemento: sono molti i parametri che hanno una qualche incidenza. Tuttavia, sebbene i rapporti tra questi ultimi siano difficili da determinare, ben più facile è invece riconoscerli uno ad uno. Non va ad esempio sottovalutata anche la qualità della creatività, poiché soltanto una rielaborazione effettivamente efficace (simpatica, intelligente, realizzata con specifici canoni grafici, rapida nell’uscire nelle ore in cui le altre condizioni siano ancora in essere) ha la forza tale da scatenare la condivisione dando vita al passaparola cliccato della viralità da social network.

E se queste condizioni sono quelle che hanno portato alla produzione in massa, per contro le medesime condizioni hanno scatenato altresì i click compulsivi: il fatto di re-immettere in circolo immagini note, riconoscibili e simpatiche è valore che molti hanno apprezzato e ne hanno fatto tesoro: la medesima pulsione che spinge a produrre le rielaborazioni da parte di chi ne ha i mezzi tecnici e la creatività, sono le medesime che spingono alla condivisione da parte di chi si presta a questo gioco. Ed è subito “viralità“, una sorta di cicaleccio condiviso che porta alla moltiplicazione dei medesimi elementi sulle medesime piattaforme.

Tutto ciò è successo: il rigore è stato visto da milioni di persone; la rincorsa bizzarra lo ha reso distinguibile, creando una entità a sé che funge da piattaforma alla creatività successiva; la fantasia delle rielaborazioni ha generato elementi in grado di solleticare la pulsione alla condivisione. In poche ore un numero non meglio quantificabile di rigori modificati graficamente ha preso la via dei principali social network, qualcosa che per il paese intero è servito (assieme alle lacrime post-gara di Barzagli) a fungere da inconsapevole rielaborazione del lutto sportivo appena consumato.

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