Google, Disney, influencer marketing e bambini

Messaggi pubblicitari camuffati da video non promozionali, una pratica che prende di mira anche i più piccoli: negli USA c'è chi chiede una policy.
Messaggi pubblicitari camuffati da video non promozionali, una pratica che prende di mira anche i più piccoli: negli USA c'è chi chiede una policy.

L’influencer marketing è una forma di marketing basata sull’identificazione delle persone che hanno influenza sui potenziali acquirenti.

Si parta da questa definizione di influencer marketing (fonte Wikipedia) per capire di cosa si parla in questo articolo. In altre parole, si fa riferimento ad esempio ai post sui social network o ai filmati condivisi da volti famosi in cui si sponsorizzano prodotti o servizi. Questa forma di comunicazione promozionale, se non esplicitamente etichettata come pubblicitaria, potrebbe essere scambiata da alcuni con un parere imparziale e non condizionato. Si pensi alla recensione di un videogame o all’analisi di un contenuto multimediale.

Tre associazioni statunitensi (Campaign for a Commercial-Free Childhood, Public Citizen e Center for Digital Democracy) si sono rivolte alla Federal Trade Commission per chiedere che questo tipo di pratica sia proibito o quantomeno controllato quando i destinatari sono i bambini. Il dito è puntato contro realtà come il Maker Studios di Disney, Wild Brain, Google, AwesomenessTV e Collab Creators. Si parla senza giri di parole di “pratiche sleali e ingannevoli”.

Nel caso del gruppo di Mountain View, si afferma che l’azienda incoraggia la creazione e la pubblicazione di video da parte degli influencer e rivolti direttamente ai più piccoli, con la condivisione sui canali delle piattaforme YouTube e YouTube Kids. Per le altre aziende si parla invece di advertising distribuito sotto forma di contenuti non pubblicitari, sempre indirizzati ai bambini.

La denuncia delle tre organizzazioni è finalizzata a far sì che FTC stabilisca una policy e linee guida in modo da obbligare ad etichettare questa forma di comunicazione come pubblicitaria. Inoltre, viene chiesto che le società citate non incoraggino la creazione e lo sharing condivisione di questi contenuti. Nel caso di YouTube, si pensi ad esempio ai canali più seguiti che includono prodotti come giocattoli all’interno dei propri video. I bambini che li guardano potrebbero essere spinti a desiderarli, fidandosi del parere di un volto noto e non riconoscendo che in realtà si tratta di uno spot.

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