Cambio dell'ora ormai inutile: cosa propone Pedro Sanchez

Il premier Pedro Sanchez rilancia l'abolizione del cambio dell'ora. Tra risultati del sondaggio Ue, dati Terna e studi sul ritmo circadiano, il dibattito resta aperto.
Il premier Pedro Sanchez rilancia l'abolizione del cambio dell'ora. Tra risultati del sondaggio Ue, dati Terna e studi sul ritmo circadiano, il dibattito resta aperto.
Cambio dell'ora ormai inutile: cosa propone Pedro Sanchez

Nel cuore del dibattito europeo torna prepotentemente una questione che, ciclicamente, riemerge con forza: il cambio ora. Una pratica che, sebbene sia ormai entrata a far parte della routine collettiva, viene oggi messa in discussione dalle stesse istituzioni che, nel passato, ne avevano sancito la necessità. L’occasione per riaccendere i riflettori su questo tema arriva da una dichiarazione perentoria di Pedro Sanchez, premier spagnolo, che con una frase lapidaria – “Francamente non ne vedo il senso” – ha sollevato un interrogativo che attraversa l’Europa: ha ancora senso spostare le lancette due volte l’anno?

Le parole di Sanchez non sono passate inosservate e hanno subito riportato al centro dell’attenzione la discussione sull’abolizione del cambio ora tra ora legale e ora solare. Una questione che il Parlamento Europeo aveva già affrontato nel 2019, approvando una proposta di direttiva che puntava a eliminare questa consuetudine biannuale. Tuttavia, nonostante il consenso raccolto, il tema non ha mai trovato una vera conclusione, restando sospeso tra la volontà popolare e le lungaggini delle procedure intergovernative.

A dividere l’opinione pubblica e le istituzioni sono principalmente due scuole di pensiero. Da una parte, chi difende la permanenza dell’ora legale, sottolineando i vantaggi legati al risparmio energetico e alla riduzione dei consumi. Dall’altra, chi mette in guardia sui rischi per la salute, evidenziando come il ripetuto slittamento delle lancette abbia effetti negativi sul ritmo circadiano delle persone.

Sul fronte dei dati, un contributo significativo arriva da Terna, la società responsabile della gestione della rete elettrica italiana. Secondo le sue stime, l’introduzione dell’ora legale ha permesso al nostro Paese di ottenere un risparmio economico pari a circa 2 miliardi di euro tra il 2004 e il 2022, grazie a una diminuzione dei consumi di energia elettrica che si aggira intorno ai 10,9 miliardi di kWh. Numeri che, indubbiamente, rappresentano un argomento forte a favore della conservazione del sistema attuale.

Tuttavia, la scienza sembra suggerire maggiore cautela. Numerosi studi hanno infatti evidenziato come il cambio ora possa alterare in modo significativo il ritmo circadiano, con conseguenze che vanno dall’aumento dei disturbi del sonno all’alterazione del metabolismo, fino a un incremento dei rischi cardiovascolari nelle settimane immediatamente successive allo spostamento delle lancette. Un aspetto, questo, che viene spesso sottovalutato nel dibattito pubblico, ma che coinvolge direttamente la qualità della vita di milioni di cittadini europei.

Non va dimenticato, inoltre, il peso dell’opinione popolare. Nel 2018, la Commissione Europea ha promosso un sondaggio che ha coinvolto oltre 4,5 milioni di cittadini: l’80% dei partecipanti si è espresso a favore dell’abolizione del cambio ora stagionale. Un dato che riflette un sentimento diffuso di insofferenza verso una pratica percepita come anacronistica. Eppure, nonostante il largo consenso e l’approvazione parlamentare ottenuta nel 2019, il Consiglio dell’Unione non ha mai dato avvio al necessario negoziato intergovernativo, lasciando la direttiva in una sorta di limbo normativo.

L’iniziativa di Pedro Sanchez rischia ora di diventare il catalizzatore di una nuova stagione di confronto tra gli Stati membri. Ogni Paese, infatti, presenta esigenze differenti: i fusi orari, gli impatti economici e le implicazioni logistiche rendono difficile trovare una soluzione univoca e condivisa. Un eventuale superamento del cambio ora richiederebbe, pertanto, un coordinamento accurato per evitare conseguenze negative sui trasporti, sui sistemi energetici e sui servizi digitali.

La questione resta dunque aperta e complessa, con la necessità di trovare un equilibrio tra il risparmio energetico e la tutela della salute pubblica. In un contesto in cui la maggioranza dell’opinione pubblica europea appare ormai orientata verso la stabilizzazione definitiva dell’orario – sia esso quello legale o quello solare – il dibattito sul cambio ora si conferma come uno dei nodi più intricati della contemporaneità europea. La sfida sarà quella di conciliare esigenze pratiche, benessere collettivo e sostenibilità, in una decisione che potrebbe segnare una svolta storica nella gestione del tempo a livello continentale.

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