E' Nielsen ad essere vecchia o Hulu che perde una fetta di mercato?

La notizia dell’entrata di Nielsen nel mondo della rilevazione della vita digitale di un contenuto è di quelle da non prendere sottogamba.

Non è infatti chiaro nè sicuro che il sistema Nielsen diventi uno standard o che sia adottato dalla maggioranza dei siti, tuttavia il suo solo annuncio pone questioni molto rilevanti specialmente rispetto al nuovo modello più libertario che si sta facendo strada e che è incarnato da Hulu.

L’idea di Nielsen è in sostanza che siccome già marca digitalmente il 95% dei prodotti televisivi, poichè il suo core business è la rilevazione dei dati di ascolto (è la società numero uno del settore in America), a questo punto può completare l’opera mettendo una firma digitale alla colonna audio anche di tutto il resto che gira sull’etere e in alleanza con Digimarc diventare il player numero uno nel tracciare i contenuti in rete. Se infatti tutti i siti stile YouTube dovessero incorporare la sua tecnologia di rilevazione dei marchi digitali nel momento in cui i video vengono uploadati il gioco sarebbe fatto, sarebbe possibile sapere tutte le localizzazioni in rete di un determinato video.

Ma l’interessante sta nel fatto che Nielsen non parla tanto di bloccare la circolazione illegale (certo c’è anche quello) ma soprattutto di aumentare la monetizzazione dei contenuti dando la possibilità ai proprietari di capire dove e quanto girino.

Tutto questo si scontra con il modello della libera circolazione di Hulu?

Il sito di NBC/Murdoch infatti propone i contenuti video in ottima qualità con connessione veloce, gratis e con poca pubblicità, dando anche la possibilità di embeddarne solo parte su siti di terze parti. E’ insomma uno YouTube legale di contenuti professionali (certo ancora gli manca la completezza di catalogo). Rispetto ad Hulu l’idea di Nielsen sembra ancorata ad un mondo più vecchio (di ben un anno fa! La preistoria!), cioè quello del controllo e quindi destinato a fallire, come hanno fallito i DRM per l’audio (e stiamo vedendo che sempre di più vengono abbandonati anche dalle major), eppure siamo sicuri che non siano compatibili?

Hulu combatte la pirateria fornendo la cosiddetta “alternativa più comoda”, piuttosto che vedere quei contenuti piratati, tanto vale vederli da Hulu che è veloce, completo, in buona qualità e embeddabile. Eppure non si può negare che pensare che quegli stessi contenuti poi non girino in altri modi, che non siano “trafugati” e uploadati da altre parti o mashuppati è comunque folle. E Hulu non garantisce alcun tracciamento, dunque perde la possibilità di monetizzare quelle visualizzazioni, perde l’occasione di dire ai propri investitori pubblicitari: “I nostri video sono visti un certo numero di volte dal sito e poi hanno questa percentuale di mash-up o circolazione alternativa (con tutto il corpo di valori (anche economici) della circolazione alternativa) su altri circuiti”. Tanto la pubblicità è già dentro, verrà vista, ma nessuno saprà come dove e quanto.

O ancora. Un mash-up, un riutilizzo oppure una qualsiasi riproposizione di un certo contenuto genera una voglia forte in una buona fetta delle persone che lo guardano di rivedere il contenuto originale o cose simili, è uno dei segreti di YouTube: vedo un video e ne voglio vedere mille altri simili. Ma se non so quanto gira un mio prodotto o parte di un mio prodotto non saprò mai prevedere o intercettare l’aumento della domanda nei confronti di quel determinato settore.
Quando comparì in rete il famoso trailer rimontato di Shining e divenne viralissimo, in quanti hanno sentito l’esigenza di rivedere quello originale?

A questo punto Nielsen ha avuto un’idea ancorata a valori ormai superati oppure è Hulu che nell’ansia di libertà perde di vista la possibilità di sapere che succede?

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