FIMI: la pirateria è un problema culturale

Enzo Mazza, presidente FIMI, ha offerto una propria relazione sul tema della pirateria in Italia e sulle ricadute dirette del fenomeno sull'economia. Ma il problema, spiega Mazza, non è nei controlli o nelle leggi: la pirateria è un problema culturale
Enzo Mazza, presidente FIMI, ha offerto una propria relazione sul tema della pirateria in Italia e sulle ricadute dirette del fenomeno sull'economia. Ma il problema, spiega Mazza, non è nei controlli o nelle leggi: la pirateria è un problema culturale

«In occasione della Giornata Nazionale Anticontraffazione organizzata da Confindustria, con l’obiettivo di sensibilizzare le imprese ed i cittadini sul crescente fenomeno della contraffazione e di individuare iniziative mirate al contrasto del mercato del falso, Fimi, la federazione che rappresenta le principali aziende discografiche italiane, intervenendo alla tavola rotonda ha evidenziato i danni rilevanti, in Europa ed in Italia, del fenomeno della pirateria online». Per l’occasione, però, la FIMI ha voluto approfondire un aspetto particolare della questione: la natura del problema italiano, infatti, non è né nei controlli, né nella repressione. Il problema, semmai, è culturale e per questo motivo probabilmente più difficile da estirpare.

Enzo Mazza, presidente FIMI, ha ricordato anzitutto i dati Tera Consultants (pdf): «Nel 2008, a causa principalmente della pirateria digitale, le industrie creative dell’ UE che producono cinema, serie TV, musica e software, hanno registrato perdite pari a 10 miliardi di euro ed 185 mila posti di lavoro in meno. Solo in Italia i danni causati dalla diffusione illecita di contenuti protetti, sono stati di 1,4 miliardi di euro con 22 mila posti di lavoro persi». Trattasi di dati calcolati con un sistema computazionale trasparente, del quale la FIMI ci ha fornito precisa indicazione e del quale daremo conto in una futura analisi (trattasi di una metodologia che non può essere infatti ridotta ad un breve riassunto, ma che merita specifico approfondimento).

Mazza va quindi oltre i numeri per approfondire l’analisi: «In Italia abbiamo buone leggi, un’azione molto incisiva della Guardia di Finanza ma poca cultura, sia istituzionale sia tra il pubblico, sugli effetti lesivi e reali della pirateria. Mentre in Francia, nel Regno Unito, perfino in Corea e Nuova Zelanda, si adottano misure più efficaci ed in USA viene lanciato un piano nazionale per la tutela della proprietà intellettuale, nel nostro Paese si moltiplicano tavoli e comitati inutili o si fanno indagini conoscitive sul fenomeno, senza prendere iniziative urgenti, segnale questo di una grave sottovalutazione della contraffazione digitale».

Una recente riunione del Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale (ente facente riferimento al Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio) ha inoltre deliberato la «costituzione di una task force interna al Comitato stesso per l’elaborazione di una proposta di un codice di autoregolamentazione tra i soggetti operanti in ambito digitale. Il codice è mirato a contrastare il fenomeno della pirateria». Nella riunione si è discusso di ACTA e di «aspetti concernenti il contrasto alla pirateria digitale». Una risposta diretta alle parole di Mazza, quindi, con le istituzioni pronte a reagire immediatamente al sollecito FIMI per dimostrare rinnovata sensibilità sul tema.

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