Google: motore di ricerca con censura per la Cina

Dragonfly è il nome in codice del progetto che vedrebbe Google alle prese con la creazione di un motore di ricerca appositamente censurato per il paese.
Dragonfly è il nome in codice del progetto che vedrebbe Google alle prese con la creazione di un motore di ricerca appositamente censurato per il paese.

Il gruppo di Mountain View sarebbe alle prese con la realizzazione di un nuovo motore di ricerca da destinare all’utenza residente in Cina, una versione del servizio modificata in modo da andare incontro alle esigenze manifestate dal governo del paese. Al bando dunque parte dei contenuti che fanno riferimento a diritti umani, democrazia, religione, sesso, anticomunismo e proteste.

Il progetto sarebbe stato messo in campo nella primavera dello scorso anno e tra gli addetti ai lavori è al momento noto con il nome in codice Dragonfly. L’incontro tra il CEO di Google (Sundar Pichai) e i rappresentanti del governo cinese avvenuto in dicembre avrebbe contribuito ad accelerare le operazioni. È quanto riportato oggi sulle pagine del sito The Intercept che afferma di aver visionato documenti riservati inerenti l’iniziativa. Alcuni team di bigG sarebbero inoltre al lavoro su applicazioni da destinare ai dispositivi Android al momento denominate Maotai e Longfei, strutturate in modo da escludere dalle SERP tutti quei risultati non graditi al presidente Xi Jinping.

Con una mossa di questo tipo, il gruppo di Mountain View potrebbe tornare a operare in Cina come protagonista nell’ambito delle ricerche online, dopo quasi un decennio di blocco attuato mediante il Great Firewall del paese che colpisce anche social network come Facebook e Twitter oltre a testate giornalistiche occidentali come nel caso di BBC, New York Times e Wall Street Journal, senza dimenticare Wikipedia.

Questo il funzionamento del motore: digitando una chiave di ricerca, la piattaforma rimuove automaticamente dalle pagine dei risultati i link verso siti non graditi al governo, mostrando il messaggio “Alcuni risultati potrebbero essere stati rimossi a causa di requisiti dello stato”. La blacklist riguarderà anche le immagini indicizzate.

Al momento non è chiaro quando l’iniziativa verrà annunciata in via ufficiale né con quali tempistiche diverrà operativa. Pare che l’intenzione di Google sia quella di lanciare prima una versione mobile della piattaforma accessibile tramite applicazione Android e solo in un secondo momento la controparte desktop. Sembra inoltre che solo poche centinaia di dipendenti del gruppo siano ad oggi a conoscenza del progetto. Ecco quanto riferito da uno di loro, in forma anonima, alla redazione del sito The Intercept.

Sono contro la collaborazione tra le grandi aziende e i governi finalizzata all’oppressione dei popoli e ritengo che la trasparenza in merito a quanto sta accadendo sia di pubblico interesse. Ciò che avviene in Cina diventerà un modello di riferimento per molte altre nazioni.

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