Google Street View recita il mea culpa

Google ha pubblicamente ammesso di aver intercettato dati dalle reti Wifi aperte incrociate dalla Google Car. Google spiega che si è trattato di un errore e che tali dati non sono mai stati utilizzati, ma dalle istituzioni giunge un monito severo
Google Street View recita il mea culpa
Google ha pubblicamente ammesso di aver intercettato dati dalle reti Wifi aperte incrociate dalla Google Car. Google spiega che si è trattato di un errore e che tali dati non sono mai stati utilizzati, ma dalle istituzioni giunge un monito severo

Le auto di Google Street View, si viene a sapere, erano molto meno innocue di quanto non si immaginasse. Si susseguivano le segnalazioni incuriosite di quanti notavano l’auto con la videocamera in vista, ma nessuno sapeva in realtà cosa quell’auto stava realmente facendo oltre alla raccolta delle fotografie. E se già la raccolta delle immagini aveva arrecato problemi non da poco al gruppo (le osservazioni dei Garanti per la Privacy avevano costretto Google ad offuscare volti e targhe), ora si scopre qualcosa di ulteriore e probabilmente più grave: Google ha raccolto anche dati provenienti dalle reti wireless aperte incrociate sul percorso.

La questione assume importanza soltanto ora che Google ha portato avanti la propria pubblica ammissione di colpa. In realtà, però, da tempo il servizio era nel mirino soprattutto in Germania, ove la questione delle “intercettazioni” Wifi ha preso corpo prima di diventare questione continentale. Italia compresa, quindi. Nessuna iniziativa ufficiale, al momento, contro Google. Il gruppo rischia però nuovi problemi legali poichè, se è vero che la legge non ammette ignoranza, spiegare che si è trattato di un errore non aiuterà l’azienda a dribblare i controllori dell’UE né i singoli garanti nazionali.

Google aveva inizialmente negato qualsivoglia problema di privacy con il proprio servizio, spiegando come le Google Car avessero esclusivamente collezionato dati quali SSID (il nome delle reti) e MAC Address (numero univoco ricollegabile al router). La confessione shock è affidata ad Alan Eustace ed al blog ufficiale di Google: « […] è ora chiaro che abbiamo erroneamente collezionato frazioni di dati da reti Wifi aperte (non protette da password), anche se non abbiamo mai utilizzato tali dati in alcun prodotto Google. Inoltre abbiamo raccolto soltanto frammenti di flussi di dati perchè: le nostre auto sono in movimento; […] l’equipaggiamento Wifi delle nostre auto cambia automaticamente canale 5 volte al secondo. In più, non abbiamo collezionato dati dalle reti sicure, protette da password. Ora, come è potuto accadere ciò? Semplicemente, si è trattato di un errore».

Google sottolinea quindi due aspetti ulteriori. In primis il fatto che, nonostante l’ammissione di colpa, non è stato arrecato alcun danno reale agli utenti poichè i dati non sarebbero stati utilizzati. Inoltre, che è questo un esempio probante di quanto sia fondamentale garantire l’accesso alle reti in uso tramite l’utilizzo di schemi di protezione.

Il caso è nato in Germania ed è presso l’opinione pubblica tedesca che sta assumendo contorni di evidente importanza. Contro Google arriva infatti l’accusa di Ilse Aigner, Ministro per la Tutela dei Consumatori, secondo cui Google non solo avrebbe avuto segretamente accesso alle informazioni degli utenti tedeschi, ma avrebbe anche mentito al Governo dopo una prima richiesta di informazioni sul servizio. Dalle parole della Aigner giunge dunque una doppia spada di Damocle per il gruppo, poichè è presumibile che alle critiche del legislatore possano ora far seguito approfondimenti da parte del Garante per la Privacy e da parte della magistratura competente.

«Siamo profondamente dispiaciuti per questo errore e vogliamo imparare tutte le lezioni che possiamo da questo sbaglio»: Google si copre il capo di cenere e promette di interrompere seduta stante ogni raccolta di dati dalle reti Wifi, ivi compresi i dati relativi ad SSID e MAC Address. Niente wardriving, insomma, ma soltanto fotografie.

Un cosa è certa, a questo punto: il caso non finisce qui.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti