E poi venne l'Harlem Shake

Il fenomeno del momento si chiama "Harlem Shake": milioni di pagine viste per un ballo folle che coinvolge utenti ed aziende di tutto il mondo.
Il fenomeno del momento si chiama "Harlem Shake": milioni di pagine viste per un ballo folle che coinvolge utenti ed aziende di tutto il mondo.

Nel momento in cui anche le televisioni se ne sono accorte, il dado è tratto: l’Harlem Shake, da meme, si fa autentico fenomeno pronto a colonizzare serate in discoteca, le videocamere degli amici, le bacheche dei social network e le pagine dei giornali. C’è chi la chiama “socialità”, chi “viralità”, chi si diverte all’impazzata e chi riesce a leggere soltanto il lato “stupido” della vicenda. Ma sono soltanto tanti tasselli di un fenomeno che, pur nella sua semplicità, sfugge a logiche lineari: è la cresta dell’onda di un passaparola inarrestabile che su YouTube sta producendo milioni e milioni di pagine viste in una miriade di rivoli paralleli.

Scoprirne le origini è di per sé semplice esercizio di stile, per il quale Wikipedia ha già fatto un lavoro completo: un brano nato da un dj, l’inizio del passaparola, l’influsso user generated. Più che l’inizio, sarebbe interessante (ma praticamente impossibile) seguire e capire il percorso compiuto dal passaparola. L’unica cosa che si può realmente vedere, invece, è il volume che il fenomeno Harlem Shake sta raccogliendo, coinvolgendo ormai squadre di pallone, aziende, redazioni giornalistiche, manipoli di amici, discoteche e qualunque entità pronta ad indossare in modo divertente il meme del momento.

Come creare un Harlem Shake

Produrre un “Harlem Shake” è estremamente semplice. La musica è la medesima per tutti, così come lo schema del filmato: 15 secondi di riprese in una situazione di normalità, all’interno della quale un elemento a sé si muove in autonomia al ritmo ossessivo della colonna sonora, ed ulteriori 15 secondi in cui ogni elemento della scena “shakera” il proprio corpo in modo folle ed autonomo, con maschere e vestiti improbabili, con movenze sconclusionate e sfociando in una sorta di caos assoluto.

Un po’ di esempi per chi ancora non avesse avuto occasione di imbattere in un Harlem Shake:

Harlem Shake – Google:

Harlem Shake – Samsung

Harlem Shake – Apple Store (Shangai)

Harlem Shake – Call of Duty

Harlem Shake – Varie

Harlem Shake – Juventus

E per finire il simpatico contributo offerto da YouTube alla causa: per provare è sufficiente cercare “do the Harlem Shake” sul sito ed attendere che la pagina inizi a partecipare al meme.

Inutile cercare un significato nel brano, nelle immagini o nel ballo. L’unico elemento che si impone in fenomeni di questo tipo è la quantità di persone coinvolte nel medesimo canovaccio, pronti in parte a girare spezzoni nuovi ed in parte a riprodurre ripetutamente le varie creatività caricate sulla repository online. A metà tra i balli di “Matt Harding” ed il recente Gangnam Style, insomma, ma ancora una volta in grado di trasformare i movimenti del corpo in un fenomeno internazionale incredibilmente contagioso.

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