I lati oscuri delle regole AgCom

Il regolamento del Garante sul copyright in Rete si è presentato come morbido e disinteressato al peer-to-peer, ma molti non la pensano così.
Il regolamento del Garante sul copyright in Rete si è presentato come morbido e disinteressato al peer-to-peer, ma molti non la pensano così.

Regole sì e anche lotta contro la pirateria, ma niente oscuramenti facili e punizioni esemplari ai blogger. Lo schema di regolamento dell’AgCom è stato presentato come la riforma del profilo basso, ma leggendolo con attenzione chi già in precedenza aveva espresso molte critiche ne ha trovato conferma. Secondo Fulvio Sarzana, ad esempio, si tratta del regolamento più duro di sempre.

Chi ha ragione, dunque, a proposito del regolamento dell’AgCom pubblicato la settimana scorsa? A sentire le versioni più ufficiali dei grandi giornali, si direbbe il consigliere Maurizio Dècina – che su Repubblica ha difeso il testo assicurando che il sistema sarà un specie di Hadopi all’italiana, basato sull’informazione, l’indirizzamento a risorse legali, al blocco dei DNS e non degli IP.

Non tutto è oro quel che luccica, però, almeno stando a sentire Sarzana, che ritrova nello schema le medesime ragioni che l’avevano convinto a firmare l’appello per una legge di via parlamentare e non per la regola in house dell’autorità garante:

Contrariamente a quanto ci si aspettava ( e a quanto lasciato trapelare), l’Agcom ha predisposto una normativa molto severa, che punisce severamente blog, forum, sino a penalizzare con la cancellazione immediata anche i forum che incoraggino la fruizione di opere digitali senza il permesso dei titolari dei diritti d’autore.

Cosa gli fa dire questo? Nel suo lungo post, il noto avvocato specializzato sui casi del Web elenca dieci punti deboli di un regolamento che a suo parere nasconde il potenziale censorio ma non lo elimina. Il suo fact checking – difficile da vedere nelle prime ore della pubblicazione del regolamento e per questo poco affrontato dai mezzi di informazione – è spietato e si può riassumere così:

  • Il downloader non è escluso dal perimetro di azione perché molti programmi di filesharing non consentono il downloading se non si mette a disposizione degli altri utenti ciò che si sta scaricando. Se questo link è pubblicato su un blog, il titolare del blog può venire segnalato all’autorità dal provider.
  • Lo scopo di lucro è previsto come elemento aggravante, non esclusivo. Anche senza lo scopo di lucro e senza una pirateria massiva si rientra nella procedura di rimozione e di inibizione.
  • La procedura – parecchio veloce – di cancellazione del file incriminato può riguardare anche blog e forum; la presenza di banner pubblicitari peggiora le cose: può comportare la possibile rimozione selettiva delle singole pagine, la sostituzione delle pagine con quelle indicanti il logo dell’autorità e la violazione commessa.
  • I provider sono molto implicati: vengono utilizzati come strumento per rimuovere contenuti, interi siti, link, la pena prevista arriva a 250 mila euro ed alla segnalazione all’autorità giudiziaria penale (per questo Assoprovider si è già espressa negativamente).
  • Non è chiaro cosa si debba fare per i siti all’estero: l’AgCom ha precisato – ma sui giornali – che ai provider italiani sarà chiesto di intervenire disabilitando l’accesso: niente blocco IP, niente rimozione selettiva. Solo cambi di DNS, che scoraggiano il 70% degli utenti che non sanno come modificarli col browser. Tuttavia, Sarzana leggendo il testo arriva alla conclusione opposta: i posti di blocco delle autostrade informatiche non possono che essere deep packet inspection, uno strumento di sorveglianza preventiva vietata dalle norme comunitarie e censurata ripetutamente dalla Corte di Giustizia europea.
  • Un altro elemento preoccupante è il concetto, decisamente scivoloso, di “incoraggiamento”. Il regolamento prevede la procedura per cui i titolari dei siti debbano in un giorno cancellare qualsiasi affermazione che incoraggi la violazione del diritto d’autore.

Cominciano ad arrivare le critiche e AgCom risponde

Insomma, dopo i primi giorni di calma comincia la pioggia di critiche, spesso autorevoli, che minano le sicurezze di chi credeva stavolta in un passaggio meno complicato rispetto al passato. Sia Sarzana che Assoprovider hanno già mostrato le loro preoccupazioni rispetto soprattutto ai tempi ristretti delle procedure di blocco dei siti e l’mbiguità degli strumenti richiesti tramite i provider, che potrebbero ledere la libertà di espressione oppure la privacy degli utenti.

L’AgCom ha replicato alle critiche con un breve comunicato nel quale sottolinea la natura aperta del documento e la consultazione pubblica dei prossimi due mesi:

L’Agcom ribadisce che quella approvata giovedì scorso è una bozza di regolamento sottoposta a consultazione pubblica, alla quale l’Autorità auspica la partecipazione del maggior numero possibile di stakeholders. In quell’occasione tutti gli interessati potranno fornire il loro contributo ai fini di eventuali miglioramenti di un testo, che è frutto di un approfondito dibattito che si è svolto, al di là delle precedenti consultazioni pubbliche, attraverso un workshop con ampia partecipazione e diverse recenti audizioni parlamentari.
Quanto al punto, sollevato da più parti, dell’invasività delle misure di enforcement, l’Agcom rileva che nella bozza in consultazione la relativa opzione è lasciata aperta ai commenti dei soggetti partecipanti. Al riguardo, l’Autorità incoraggia fortemente l’autoregolamentazione e in ogni caso la collaborazione di tutti i fornitori di servizi della società dell’informazione allo scopo di trovare soluzioni il più possibile condivise ed efficaci.

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