(im)MobileMe

Inutile girarci intorno: quella di MobileMe è stata una vera e propria Caporetto per Apple. Nel corso dell’ultima settimana si sono moltiplicate le lamentele per i disservizi causati dal nuovo sistema “cloud”, che nelle sue prime giornate di vita non ha certo dimostrato di essere all’altezza – nemmeno lontanamente – di quanto presentato nel corso del WWDC dal simpatico Philip W. Schiller, vicepresidente della società di Cupertino.

Ricordate? Dal palco della conferenza di giugno, Schiller aveva esposto le innovative funzioni offerte dal nuovo MobileMe con tanto di dimostrazione pratica con un iMac e l’appena arrivato iPhone 3G. In pochi istanti il sistema coordinava il flusso di informazioni sui due dispositivi, aggiornando in un lampo le email, coordinando le fotografie nelle gallerie “cloud” e in quelle fisicamente allocate sull’iMac e sull’iPhone, gestendo rapidamente i file caricati sul nuovo iDisk. MobileMe sembrava davvero una scheggia e un ottimo sostituto del macilento e poco performante servizio .Mac, il cui tallone d’Achille era proprio la velocità, spesso equiparabile a quella di un bradipo narcolettico.

A distanza di alcune settimane dalla sua presentazione, però, la realtà si è dimostrata ben distante dalla dimostrazione di Schiller. MobileMe ha compiuto il suo debutto negli ultimi giorni della scorsa settimana, in concomitanza con l’uscita del nuovo iPhone 3G, ed è stato un vero e proprio disastro. Determinati a rilasciare tutti i nuovi servizi legati al nuovo smartphone, gli sviluppatori di Cupertino hanno evidentemente messo troppa carne sul fuoco, finendo presto scottati. Un errore capitale, dal quale naturalmente sono derivati a cascata numerosi altri piccoli errori, che hanno contribuito a esasperare gli animi degli utenti fino all’emorragia di lamentele nei forum e nei blog degli ultimi giorni.

La transizione da .Mac a MobileMe, in particolar modo, è stata a dir poco disastrosa. Dopo essere stati avvisati nel corso delle ultime settimane con numerose email sul passaggio al nuovo sistema, gli utenti dello storico servizio online sono stati abbandonati a loro stessi senza ricevere alcuna comunicazione ufficiale da parte di Apple nella fase più delicata della transizione. L’aggiornamento è avvenuto a macchia di leopardo e senza una logica apparente, con interminabili ore di down dei principali servizi, come gli account email, e una lentezza del sistema esasperante incomparabile con il vecchio .Mac, ma soprattutto con un servizio “cloud” a pagamento tra i più salati del web (99 dollari per un abbonamento annuale).

Anche al mio vecchio account .Mac non è andata particolarmente bene. Ho dovuto attendere diversi giorni prima di ricevere l’aggiornamento a MobileMe. Apple ne aveva infatti rilasciato uno, repentinamente rimosso dopo poche ore, lasciando nel completo caos gli utenti e senza motivare minimamente la propria scelta. A distanza di un giorno, la società di Cupertino ha poi rilasciato un nuovo aggiornamento (1.1) per la transizione ai servizi di MobileMe. A parte la posta elettronica, rapida ma funzionante a singhiozzo, i restanti servizi offerti dal sistema si sono rivelati particolarmente deludenti. Per caricare un file da 32 Kb su iDisk, per esempio, sono occorsi due tentativi e quasi sei minuti per portare a termine l’operazione.

La debacle cui è andata incontro Apple con l’attivazione di MobileMe pone alcune questioni sulla capacità di Cupertino di gestire servizi personalizzati ed estremamente complessi online. Velocità e reattività sono i prerequisiti fondamentali per un servizio “cloud”, che si deve dimostrare efficiente e con tempi di risposta estremamente rapidi per non far perdere tempo all’utente. Come aveva già dimostrato con .Mac, Apple non sembra essere ancora perfettamente in grado di fornire ai suoi clienti un servizio online valido. Per questo tipo di servizi, infatti, non contano solamente l’esperienza e la capacità organizzativa, ma anche la disponibilità di infrastrutture tecnologiche sufficientemente potenti per rispondere rapidamente alle azioni compiute dagli utenti. Al momento sono ben pochi i soggetti operanti nella Rete in grado di disporre di server farm abbastanza potenti e attrezzate per accogliere simultaneamente le istanze degli utenti e fornire un vero servizio “cloud”.

Come dimostrato dalla rapidità e reattività dei suoi singoli servizi, Google si colloca sicuramente in prima linea grazie alle sue enormi infrastrutture e a una gestione integrata dei sistemi in grado di rispondere in poche frazioni di secondo a milioni di internauti in tutta la Rete. Anche Microsoft, con il suo Live Mesh, inizia a dimostrarsi particolarmente aggressiva nel settore “cloud”, fornendo reattività e risposte quasi istantanee agli utenti. Apple al momento sembra essere il fanalino di coda nel settore. L’impressione è che dalle parti di Cupertino siano state sottostimate le risorse necessarie per far funzionare a dovere un sistema “cloud”, specialmente nella configurazione scelta da Apple, in cui la reattività dell’intero sistema e la sua capacità di aggiornarsi rivestono un ruolo centrale per il successo di MobileMe.

Nelle ultime ore Cupertino si è ufficialmente scusata con i suoi utenti, regalando a tutti una estensione dell’abbonamento a MobileMe di 30 giorni. Un gesto importante, specialmente dal punto di vista comunicativo, teso a recuperare il contatto con i tanti utenti sfiduciati e a riparare a un evidente danno di immagine. Riconoscere i propri errori e chiedere scusa non è mai facile, spesso se si è una società quotata in borsa. La decisione di Apple costituisce un ottimo gesto, in grado di raffreddare un poco gli animi e infondere fiducia negli utenti, ma sicuramente non basta. La mela ora dovrà dimostrare con i fatti di essere pronta a fornire un servizio “cloud” competitivo e paragonabile con quello presentato in pompa magna da Schiller. I presupposti al momento non sono incoraggianti, ma le promesse formulate nelle ultime settimane da Apple su MobileMe pesano come un macigno. Un servizio “cloud”, a pagamento, degno di questo nome sarà il miglior modo per presentare le proprie scuse a prescindere dagli omaggi della casa…

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