Internet Explorer, un passo indietro sulla privacy?

Secondo il Wall Street Journal, Internet Explorer 8 era stato progettato per consentire agli utenti privacy assoluta di fronte ai sistemi di tracciamento usati online. In seguito si sarebbe optato per strumenti meno serrati per tutelare l'advertising
Secondo il Wall Street Journal, Internet Explorer 8 era stato progettato per consentire agli utenti privacy assoluta di fronte ai sistemi di tracciamento usati online. In seguito si sarebbe optato per strumenti meno serrati per tutelare l'advertising

Dal Wall Street Journal è giunta a Microsoft una accusa che Redmond ha voluto immediatamente smontare, respingere e cancellare. L’accusa è quella di aver rinunciato ad accrescere la tutela della privacy degli utenti in virtù di un interesse aziendale che è andato a farsi sempre più forte da quando il gruppo ha deciso di investire nell’advertising online per contrastare Google. La dimostrazione, spiega il WSJ, sarebbe nel percorso di sviluppo del browser Internet Explorer 8.

Secondo quanto riportato da Nick Wingfield, infatti, ad inizio 2008 Microsoft avrebbe iniziato a sviluppare il nuovo IE8 con un postulato su tutti: la privacy avrebbe dovuto essere garantita in modo assoluto, mettendo nelle mani degli utenti un browser blindato che avrebbe fermato il tracciamento delle attività in corso ostacolando al contempo il mercato nel quale Google stava facendo la voce grossa in assenza di competitor. Era quella l’epoca di un Microsoft in bilico tra l’acquisizione di Yahoo e la ricerca di una strategia per contrastate Mountain View, ed in quel contesto l’idea di un IE8 votato alla tutela della privacy sembrava la soluzione migliore per far collimare gli interessi degli utenti e quelli dell’azienda.

Qualcosa, poi, è cambiato. Secondo le accuse del Wall Street Journal, Microsoft avrebbe in seguito invertito la rotta scegliendo una soluzione più morbida nei confronti dei sistemi di tracciamento e tutto ciò per l’insorgere di una questione tutta interna all’azienda di Redmond: l’acquisizione di aQuantive per 6 miliardi di dollari, infatti, aveva ormai lanciato definitivamente anche Microsoft verso il mondo dell’advertising ed una serrata da parte di IE8 avrebbe costituito un autogol inaccettabile per le strategie poste in essere. Il Wall Street Journal, peraltro, non può che essere ben informato sulla vicenda poiché proprio ad inizio 2008 era in trattative con l’unità Microsoft Digital Advertising Solution per portare sul giornale online pubblicità contestuali e “paid search”.

La scelta è stata quindi quella di una modalità inPrivate da lasciare disabilitata ed opzionabile a scelta da parte dell’utente. All’interno dell’opzione stessa, inoltre, le funzioni di tracciamento sono ancora consentite e le informazioni archiviate sulla macchina locale sono cancellate soltanto nel momento stesso in cui la sessione privata viene interrotta con la chiusura del browser. Così facendo l’utente ha a disposizione le tutele desiderate, ma al tempo stesso la sua presenza può essere massicciamente tracciata a tutto vantaggio di Google, Microsoft, Yahoo e tutti coloro i quali costruiscono sull’advertising online il proprio mercato.

La risposta Microsoft è affidata a Dean Hachamovitch sul blog dedicato al team di sviluppo di Internet Explorer. Hachamovitch ha voluto far passare un messaggio meno netto e più “pratico”, ricordando come una eccessiva tutela possa abbassare pesantemente la qualità dell’esperienza dell’utente. Distinguere un sistema di tracciamento ed uno strumento in uso su una pagina web, infatti, non sarebbe sempre semplice e scontato, il che significa un potenziale ostacolo nella normale navigazione.

Secondo Hachamovitch, insomma, il team IE ha optato per una soluzione mediana che salvaguardasse la tutela della privacy ma che, al tempo stesso, non limitasse ciò che i siti web propongono agli utenti in qualità di servizio. Quel che Microsoft non nega, insomma, è il cambiamento di percorso che ad un certo punto dello sviluppo di IE8 è intervenuto in relazione alla gestione della privacy. Il gruppo nega però tra le righe che tutto ciò possa essere avvenuto per salvaguardare gli investimenti infusi in aQuantive: la privacy è un compromesso ed in quanto tale non avrebbe consentito un approccio eccessivamente sbilanciato come dai programmi iniziali.

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