iPhone rallentati: Apple paga 500 milioni

Apple ha acconsentito al pagamento di 500 milioni di dollari per chiudere una class action statunitense relativa al caso degli iPhone rallentati.
Apple ha acconsentito al pagamento di 500 milioni di dollari per chiudere una class action statunitense relativa al caso degli iPhone rallentati.

Apple ha acconsentito di pagare 500 milioni di dollari per terminare una class action statunitense relativa al caso degli iPhone rallentati. Tutti i partecipanti alla causa riceveranno 25 dollari di compensazione minima, variabile a seconda della proporzione del danno subito e delle eventuali spese legali. In totale, il gruppo di Cupertino potrebbe spendere tra i 310 e i 500 milioni di dollari.

La class action è stata depositata nel dicembre 2017, subito dopo le polemiche che hanno coinvolto il gruppo di Cupertino. Con il rilascio di iOS 10, Apple ha infatti introdotto un sistema per rallentare i picchi di CPU su iPhone non più dotati di batterie non più giovanissime, per evitare spegnimenti improvvisi. Nonostante le buone intenzioni, la società non ha comunicato tempestivamente la modifica agli utenti, i quali si sono trovati con dispositivi rallentati e quindi indirettamente spinti agli upgrade.

Con iOS 11.3 il gruppo ha introdotto la possibilità di attivare o disattivare questa modalità a seconda delle proprie preferenze, inoltre ha garantito per un anno un piano di sostituzione delle batterie a prezzi calmierati. L’opzione introdotta da Apple è ora disattiva di default e viene attivata, sempre con il consenso dell’utente, in caso lo smartphone dovesse subire un improvviso spegnimento.

La class action ha raccolto molti possessori statunitensi di dispositivi come iPhone 6, iPhone 6 Plus, iPhone 6S, iPhone 6S Plus, iPhone 7 e iPhone 7 Plus. Il prossimo 3 aprile il giudice federale Edward J. Davila si pronuncerà sull’accordo abbozzato tra le parti e, se approvato, chiuderà la causa. Al momento, il gruppo di Apple Park non ha commentato pubblicamente le indiscrezioni apparse sulla stampa: non resta che attendere il prossimo aprile per scoprire se la compensazione proposta verrà giudicata sufficiente.

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