Le opache vie della censura

Le opache vie della censura

Su Corriere.it e Repubblica.it del 3 ottobre redazionali anonimi, senza citare alcuna fonte e al tempo stesso senza usare condizionali, ci informano che Clemente Mastella “ha presentato una denuncia alla polizia postale e ha chiesto l’oscuramento del sito mastellatiodio.blogspot.com colpevole sin dal titolo di avere un atteggiamento ostile nei suoi confronti” (Repubblica). Ancora più drastico il Corriere, secondo cui non solo il Ministro ha esposto denuncia alla Polizia Postale, ma quest’ultima ha già fattivamente chiesto a Blogger (Google) l’oscuramento del sito.
Ricordiamo che mastellatiodio.blogspot.com è uno dei vari cloni polemico-parodistici del blog ufficiale di Mastella su piattaforma Blogger/Blogspot, nati in seguito alla scelta di policy del Ministro di filtrare severamente e, a detta di molti, strumentalmente, le centinaia di commenti non esattamente encomiastici che i suoi post attirano.

Considerato che il resto del corposo articolo di Repubblica e di quello più striminzito del Corriere sono una rimasticatura di estrapolazioni dal blog incriminato e un riassuntino di eventi grilleschi delle settimane scorse, la notizia è per l’appunto essenziamente questa: Mastella ha denunciato (Repubblica), Mastella ha denunciato e la polizia ha agito (Corriere)

Al che il lettore dei due maggiori quotidiani italiani, già spiazzato dalla non menzione delle fonti, trasale un attimo apprendendo, per dire, che l’atteggiamento ostile costituisce una fattispecie di reato. E un po’ rabbrividisce al pensiero che il Ministro della Giustizia di questa nazione possa invocare l’atteggiamento ostile come valido motivo per censurare le opinioni scritte di un cittadino.

Ovviamente, pensandoci su un po’ meglio, il medesimo lettore comincia a fare un po’ di tare.

Per prima cosa, prova a individuare l’origine della notizia da solo, che parrebbe essere questo lancio ADN Kronos delle 14.05. Ma la scoperta, lungi dall’essere risolutiva, non fa che spostare i termini della questione: infatti il lancio non cita alcuna fonte, e non usa condizionali.

E’ dunque lampante che qualcuno di talmente affidabile da non meritare il condizionale (affidabile ma, per motivi ignoti, non menzionabile) ha passato a ADN l’informazione della denuncia di Mastella, senza fornirne per altro le motivazioni formali (“atteggiamento ostile”, evidentemente uscito dalle dita dell’anonimo redattore di Repubblica, fa ridere i polli).

Il medesimo lettore si chiede poi che valore abbia questa filiera dell’anonimato informativo, per la quale un anonimo passa un’informazione del tutto lacunosa a un’agenzia di stampa, la quale ci costruisce sopra un lancio altrettanto lacunoso, che a sua volta produce anonimi ma corposetti redazionali che finiscono sulle home page dei principali quotidiani elettronici italiani. E il tutto senza che nemmeno un verbo venga declinato al condizionale. La fabbrica dei fatti, in Italia, ha davvero un assetto societario maledettamente simile a quello di una finanziaria con base alle isole Cayman.

Il medesimo lettore, insomma, ci viene tirato per i capelli a pensare a una cosa tipo “manipolazione mediatica tramite velina a scopo webintimidatorio/rieducativo”. Ma, non amando la dietrologia, s’arma di pazienza e lascia per ora cader lì la cosa, in attesa che un qualche professionista del ramo si premuri di fargli avere un’informazione degna di tal nome.

In attesa di questi sviluppi, e smettendo gli scomodi panni del lettore cogitante dei due principali e più prestigiosi quotidiani italiani, solo una considerazione finale su mastellatiodio.blogspot.com.

A una lettura profana, il blog non contiene nulla se non opinabie ma lecitissima polemica, incazzatura e toni satirici. Urtica certo il titolo del blog, “Mastella ti odio”, invero piuttosto iperbolico (direi quasi un’espressione di disperata impotenza più che di minacciosa aggressività).

Forse però val la pena segnalare che negli Stati Uniti I Hate… (I Hate Bush, I Hate Republicans, etc) è il titolo di una collana di libri paciosamente in vendita su Amazon.

Allora il dubbio è: non è che urtica perché siamo un po’, anzi parecchio, probabilmente troppo disabituati alla libera, franca e diretta espressione del dissenso?

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