Arriva una ulteriore protesta contro le mappe di Google: a prendere una posizione ufficiale contro il servizio Google Earth è stavolta l’India, il cui Presidente Abdul Kalam ha giudicato con parole forti i pericoli che il servizio può rappresentare in ossequio alla situazione terroristica mondiale.
L’aspetto che dovrebbe maggiormente preoccupare l’alto direttivo del motore di ricerca consiste non tanto nella nuova denuncia in sé, quanto nel fatto che trattasi ormai dell’ennesima protesta ufficiale che, con gli stessi coloriti toni, vede nella disponibilità semplificata di fotografie satellitari uno strumento comodo nelle mani dei terroristi. Prima dell’India, in particolare, proteste ufficiali furono smosse da paesi quali Corea del Sud (formalmente in stato di guerra) e Thailandia.
La difesa del motore giunge dalla portavoce Debbie Frost, secondo cui le immagini Google Earth sarebbero basate su dati liberamente disponibili e consultabili da diversi anni, dunque la loro elaborazione in un servizio non dispone dolo alcuno. Debbie Frost semina comunque disponibilità e promette la più totale apertura al dialogo con i paesi i quali avessero un qualche risentimento nei confronti del servizio.
Abdul Kalam non arriva probabilmente a caso sul problema in quanto, prima di intraprendere una carriera politica di successo, ha guidato il reparto missilistico indiano (da tempo sotto pressione per la continua tensione sui confini del nord del paese). Secondo Kalam, le Nazioni Unite dovrebbero opportunamente fermare Google e quanti predispongono servizi tali da offrire un quadro così dettagliato di zone sensibili per motivi legati a situazioni belliche.