Mobilità sostenibile

La mobilità del futuro deve affrontare un obiettivo su tutti: uno sfruttamento migliore delle risorse disponibili. La sostenibilità degli spostamenti è infatti la misura prima della qualità del sistema messo in atto, soprattutto all’interno di un ecosistema che richiede sì strumenti meno inquinanti, ma soprattutto nuove direttrici di sistema in grado di abbattere l’impatto ambientale. E l’impatto ambientale può essere abbattuto ripensando il modo di intendere gli spostamenti, il proprio rapporto con l’auto, il rapporto tra la strada ed il tessuto urbano. La tecnologia può far molto in tal senso poiché mette a disposizione strumenti di input e di output in grado di raccogliere informazioni, elaborarle e restituire strategie efficienti in grado di sposare gli interessi del singolo a quelli della collettività.

La mobilità del futuro deve affrontare un obiettivo su tutti: uno sfruttamento migliore delle risorse disponibili. La sostenibilità degli spostamenti è infatti la misura prima della qualità del sistema messo in atto, soprattutto all’interno di un ecosistema che richiede sì strumenti meno inquinanti, ma soprattutto nuove direttrici di sistema in grado di abbattere l’impatto ambientale. E l’impatto ambientale può essere abbattuto ripensando il modo di intendere gli spostamenti, il proprio rapporto con l’auto, il rapporto tra la strada ed il tessuto urbano. La tecnologia può far molto in tal senso poiché mette a disposizione strumenti di input e di output in grado di raccogliere informazioni, elaborarle e restituire strategie efficienti in grado di sposare gli interessi del singolo a quelli della collettività.

Perché la mobilità dovrebbe essere sostenibile? Insomma: per comprendere i motivi che spingono la mobilità verso un nuovo approccio (più consapevole) al modo in cui i veicoli impattano sulla società e sul pianeta, occorre anzitutto capire i motivi profondi che promuovono questa particolare evoluzione. Parlare di sostenibilità in un settore in forte evoluzione, infatti, è come nuotare controcorrente: è difficoltoso, ma consente di non affogare. Così la sostenibilità sembra essere il controcanto dell’evoluzione rapida, la voce etica che si contrappone al furore del mercato.

Sostenibile: perché?

Come sostiene il sociologo Luciano Gallino, la ragione tecnologica «è il dominio delle intenzioni, dei paradigmi, dei modelli del mondo, delle tecniche argomentative, dei giudizi di valore, dei criteri di scelta che orientano l’azione teoretica e pratica di coloro i quali producono, diffondono, applicano tecnologia e, più in generale, prendono decisioni in merito ad essa». La ragione tecnologica non dovrebbe contemplare il concetto di sostenibilità, poiché tutto ciò pone inevitabilmente un limite alla velocità dello sviluppo ed alla libertà dello stesso. Tuttavia oggi il quadro è sufficientemente maturo per bilanciare l’innovazione con l’etica, la velocità con il controllo, la libertà con la consapevolezza.

Secondo la Commissione Europea, si può fare riferimento al concetto di “sostenibilità” quando ci si relaziona ad «uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie». Arrivata ad un punto di non ritorno, la mobilità ha iniziato a manifestare tutti i problemi di un sistema disorganizzato: dal traffico all’inquinamento, passando per scomode diseconomie e gravi impatti sugli spostamenti in aree urbane, ha iniziato ad emergere la necessità di porre un freno al caos opponendo intelligenza di approccio e nuovi strumenti di analisi e monitoraggio.

La “sostenibilità” è dunque un concetto trasversale: la stessa Commissione Europea vi fa riferimento in ambito di mobilità sia in relazione all’eliminazione del traffico che in termini di riduzione delle emissioni di CO2, nonché ipotizzando nuovi modelli di mobilità che possano ridurre l’impatto dei trasporti sulla vita e sugli ambienti sociali.

Sostenibilità come paradigma ecologico

L’ecologia è la porta principale attraverso cui il concetto di sostenibilità si è fatto largo nella consapevolezza collettiva. In tal senso la sostenibilità è il semplice calcolo di opportunità derivante dal fatto che per troppi anni l’industria ha fatto uso di risorse esauribili, senza considerare il fatto che presto o tardi sarebbero finite, sarebbero diventate rifiuti difficili da smaltire e si sarebbero trasformate da risorsa a ostacolo.

Oggi la sostenibilità è dunque sia nell’uso di materiali riciclati, sempre più diffusi nell’automotive, sia nella maggior sensibilità nei confronti dell’energia rinnovabile. L’auto elettrica è la risposta prima a questo tipo di ambizione: la mobilità elettrica crea un mondo del tutto nuovo, aprendo peraltro possibilità che vanno ben oltre la semplice riduzione di CO2 nell’atmosfera. La mobilità elettrica è un modo nuovo di pensare all’auto, e fa breccia soprattutto in utenti culturalmente pronti a questo salto di mentalità: l’intermodalità al posto del trasporto mono-veicolo, l’elettrico al posto degli idrocarburi, collaborazione e condivisione anche in sacrificio di parte della libertà personale.

La prospettiva è quella di una mobilità che faccia leva su tutte queste opportunità, dando vita a nuovi sistemi di trasporto nei quali car sharing, motori elettrici e veicoli intelligenti abbiano ruolo predominante.

Sostenibilità come paradigma sociale

Uno dei modi più intelligenti per evitare lo spreco delle risorse è la condivisione delle stesse. Tutto inizia con car sharing e car pooling, due realtà che si sono insinuate sul mercato come piccole grandi chimere appannaggio di piccole startup. Quando in campo sono scesi player più importanti, fino a vedere esperimenti quali Go!Drive di Ford, l’approccio ha iniziato a cambiare: oggi il car sharing è un fenomeno che ha conquistato la sua piena dignità, ambisce entro pochi anni ad un mercato miliardario ed i primi progetti sono ormai vicini al break-even.

La condivisione nel mondo della mobilità è qualcosa di nuovo e di fortemente radicato nel concetto di rete. In passato si condivideva un mezzo di trasporto soltanto quando si trattava di un mezzo pubblico (ove il concetto di rete è incarnato nel sistema medesimo), oppure in caso di autostop (una sorta di silente solidarietà sociale che ha molto a che vedere con il car pooling odierno). Oggi la condivisione è invece sdoganata ed istituzionalizzata in servizi che hanno assunto forma di business, immergendo la logica della rete direttamente nel mercato.

Sostenibilità come paradigma economico

La rete, per sua definizione, non è verticale e, se non completamente orizzontale, assume quantomeno le sembianze di una grande sfera che interconnette tutte le varie entità. All’interno di questa struttura è evidente come l’antagonismo fatichi a trovare spazio, mentre la condivisione si fa ricchezza ed opportunità. Chi condivide, al tempo stesso offre qualcosa e riceve altro: la logica del dono propria dell’autostop, insomma, è maturata oggi in una forma che aggiunge una goccia di opportunismo alla semplice generosità. Il denaro può così fluire nel meccanismo, renderlo ufficiale e garantito, istituzionalizzarlo all’interno di una struttura riconosciuta per consentirgli di prendere forma.

Chi condivide opera all’interno della comunità in modo proattivo. Ma lo stesso concetto di “condivisione” è altresì mutato. Se in passato la condivisione era qualcosa di successivo alla proprietà (si condivide quel che si possiede, non certo quel che non si possiede), oggi per condivisione si intende per molti versi una sorta di equità di accesso ad un bene altrui. Chi si iscrive ad un servizio di car sharing, dunque, non mette a disposizione la propria auto, ma accetta di utilizzarne una in pari condizioni con altri utenti. Il car pooling funziona solo apparentemente in altro modo: l’auto è sì di un proprietario in carne ed ossa, ma in realtà l’interfaccia del servizio ne rende astratta la proprietà ed il fruitore agisce fruendo non di un dono, ma di un vero e proprio servizio (né più né meno di quanto succede con un passaggio in taxi). Ancora una volta la mobilità diventa servizio, da compensarsi con un valore economico.

La sostenibilità è il contesto entro cui queste dinamiche vengono a maturare: è una nuova forma mentis che, nel nome del risparmio e della responsabilità sociale, porta gli utenti a comportamenti più consapevoli nell’uso dei veicoli per lo spostamento di merci e persone.

Sostenibilità come paradigma tecnologico

Car sharing, car pooling e altre modalità di condivisione dell’automobile hanno una comune origine culturale, ma hanno anche una concretizzazione immediata che affonda pesantemente le radici nella tecnologia. Ma è difficile considerare in tal caso la tecnologia come mero strumento, e bisognerebbe come minimo elevarla al rango di “elemento abilitante”. Senza le nuove tecnologie, insomma, il car sharing non sarebbe assolutamente possibile e il car pooling sarebbe soltanto un’idea priva di concretezza.

La tecnologia consente infatti di prenotare un’auto con uno smartphone, consente di pagare con una password, consente di collegarsi da remoto. La tecnologia consente inoltre di monitorare il traffico, identificare gli utenti, personalizzare i servizi. Senza tecnologia tutto ciò sarebbe possibile soltanto con tempi tanto dilatati da renderli intangibili, sforando nella semplice impossibilità di realizzare ciò a cui si ambisce. La tecnologia abilita, comprime spazi e tempi all’interno di dispositivi a basso costo ed apre pertanto scenari prima d’ora inesistenti.

Anche le nuove forme della mobilità sostenibile hanno pertanto molto a che vedere con la tecnologia: non vi si identificano, poiché sarebbe un accostamento semanticamente fuorviante, ma la tecnologia è l’elemento che detta il ritmo dell’incedere delle opportunità che le strategie imprenditoriali e politiche hanno il dovere di esplorare.

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