Trailer affair: la SIAE mette i paletti

La SIAE spiega di non voler perseguire i privati, ma soltanto le aziende che sui trailer online costruiscono un vero e proprio mercato.
La SIAE spiega di non voler perseguire i privati, ma soltanto le aziende che sui trailer online costruiscono un vero e proprio mercato.

A distanza di qualche giorno dall’inizio del “trailer affair“, la SIAE si è trovata nella necessità di puntualizzare la propria posizione. Chiarimento del tutto opportuno, perché l’incertezza delle accuse aveva lasciato pesanti strascichi. Ma non tutti i dubbi sembrano dipanati, anzi.

Le accuse sono state puntualizzate su quattro punti specifici, quattro tasselli “deboli” che si è tentato di fortificare. La SIAE, anzitutto, intende delimitare quello che è il campo d’applicazione del proprio agire, portando il discorso su un campo più ristretto e gestibile. I paletti appaiono tuttavia eccessivamente fragili, il che rende la questione ancora una volta troppo scarsamente definita per convincere tutti sulla bontà delle argomentazioni dei detrattori dei diritti. Spiega la SIAE:

I produttori dell’ANICA, che sono i proprietari dei trailer, pagano alla SIAE i compensi per l’uso della musica. La Licenza che hanno negoziato tre anni fa con la SIAE è comunque successiva al contratto standard per i Video on Demand. Questo tipo di licenza, che la SIAE ha pubblicato nel 2005, riguarda tutti i contenuti audiovisivi. La licenza è stata offerta – a seguito di controlli documentati – a quei siti commerciali di trailer che finora hanno evitato di rispettare i diritti sulla musica.

Viene così dettagliata sia la posizione nei confronti dell’ANICA, sia quella nei confronti dei siti di trailer. E poi si va oltre:

La tariffa attuale copre fino a un massimo di 10 ore di musica che, per trailer di 15-30 secondi, significa poter inserire nel sito fino a 200 trailer contemporaneamente

Non i 30 trailer di cui si discuteva nei giorni passati, quindi, ma 10 ore di musica in contemporanea. Quest’ultimo concetto rimane tuttavia ancora ambiguo perché costringerebbe la cancellazione dei filmati passati ogni qualvolta se ne pubblica uno nuovo, impedendo memoria storica e rendendo meno gestibile qualsivoglia embed (impossibile controllare a ritroso la durata dei brani pubblicati).

I compensi sono parametrati sui siti commerciali, che vendono pubblicità e fanno business sui contenuti. Ed è a queste imprese che la SIAE si è rivolta per chiedere il rispetto del diritto d’autore.

La SIAE, con questa precisazione, esclude quindi dalle proprie iniziative legali tutti quei siti che non vanno a costruire un business sui trailer, il che apre a due considerazioni di diverso accento:

  • la SIAE nega la volontà di uccidere l’embed: non andrà a perseguire i singoli che condividono un trailer, ma va invece ad inseguire coloro i quali sfruttano i trailer per creare un business proprio. Inoltre si fa riferimento specifico ai trailer, senza cenni ad altri video con altre proprie colonne sonore. Con poche parole l’ambito di applicazione viene pertanto fortemente ridotto, pur se affidando l’esito della vicenda semplicemente alla discrezionalità dell’accusa;
  • «fanno business sui contenuti». Cosa significa quest’ultimo punto? Qualsiasi blogger privato che ospita Adsense in qualche modo fa business poiché ricava compensi dai propri post. Il distinguo tra business e non-business, si sa, in Rete è andato affievolendosi e soltanto di fronte a discriminanti solide è possibile sapere a priori chi sia coinvolto e chi no.

Le intenzioni della SIAE sembrano sommariamente chiare, quindi: colpire i siti che creano un business sostanziale, facendo propri parte degli introiti in virtù del valore creato grazie alle colonne sonore. La questione non è tuttavia ben accolta dal Corriere della Fantascienza, uno dei primi nomi ad aver fatto sapere della diffida ricevuta dalla SIAE:

Dunque cosa significa questo: che se un sito è amatoriale può pubblicare cose che un sito commerciale non può pubblicare? C’è da qualche parte un principio del genere nella legge italiana? O forse vuol dire che anche se lo pubblica illegalmente la SIAE fa finta di non vedere? Allora i blogger dovrebbero vivere nell’illegalità con la spada di Damocle della SIAE sulla testa, casomai dovessero scrivere qualcosa che non piace potrebbero trovarsi un’ingiunzione di pagamento?

La SIAE si svincola dal ruolo di ammazza-embed, ma c’è troppa discrezionalità nella questione per poter chiudere con poche parole il discorso. La SIAE ci prova comunque con un ultimo punto:

I maggiori quotidiani in rete hanno da anni una licenza della SIAE che copre la musica nei trailer e altri contenuti musicali, anche se questi non sono la parte principale della loro della loro offerta al pubblico.

Una ammonizione per chi opera online, insomma: “i maggiori quotidiani in rete” fanno così da tempo, dunque è consigliabile adeguarsi. La SIAE ha fatto il prezzo ed ha lasciato intendere chi possa essere interessato dalla questione: le prime diffide sono la forzatura necessaria per aprire la questione.

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