La privacy assoluta non esiste, parola di Google

Nel mondo ipertecnologico dei giorni nostri, una privacy completa e incondizionata non può più esistere. Con questa tesi difensiva, Google cerca di chiudere una causa legale intentata da due coniugi per aver mostrato la loro abitazione su StreetView
Nel mondo ipertecnologico dei giorni nostri, una privacy completa e incondizionata non può più esistere. Con questa tesi difensiva, Google cerca di chiudere una causa legale intentata da due coniugi per aver mostrato la loro abitazione su StreetView

La privacy nell’era contemporanea è un’utopia. Questo, in estrema sintesi, il pensiero dei legali di Google chiamati a rispondere, in questi giorni, alle accuse formulate da una coppia della Pennsylvania che nel mese di aprile decisero di citare in giudizio la società del motore di ricerca, accusata di aver violato la loro privacy immortalando con StreetView la casa dei due coniugi. La coppia aveva, infatti, deciso di ritirarsi in una casupola sperduta nella Pennsylvania lontana da sguardi indiscreti per poi ritrovarla dopo poco tempo nelle mappe e nelle visuali stradali fornite online da Google.

Per difendere la posizione della società di Mountain View, i legali sembrano essere determinati a seguire una particolare strategia difensiva, che vede il suo elemento cardine nell’impossibilità, nei giorni nostri, di essere completamente immersi nella privacy. «La tecnologia delle immagini dal satellite disponibile al giorno d’oggi comporta che anche nel deserto la completa privacy non possa mai esistere» hanno dichiarato gli avvocati incaricati di seguire il caso, per poi aggiungere: «Ad ogni modo, gli accusatori vivono ben distanti dal deserto e sono ben lontani dall’essere degli eremiti».

Secondo Google, infatti, la casa dei due coniugi è situata affianco a una strada di accesso completamente libera, utilizzata non solo dai proprietari per accedere all’immobile, ma anche dal servizio postale, dai corrieri e dai tecnici delle compagnie fornitrici dei servizi come acqua, elettricità e telefono. «I querelanti vivono nel 21esimo secoli negli Stati Uniti, dove ogni passo compiuto sulla proprietà privata non è ritenuto dalla legge come un comportamento sanzionabile. […] A meno che non vi sia una chiara specificazione come un cancello, una staccionata o un segnale che indichi il divieto di accesso, chiunque può avvicinarsi a una casa attraverso un vialetto, una strada di accesso o qualsiasi altro percorso comunemente utilizzato dagli ospiti, senza essere perseguiti per aver violato la proprietà privata» si legge nel memorandum della società di Mountain View, rivelato dal sito di informazione The Smoking Gun.

Google sembra essere determinato a chiudere quanto prima il caso, evitando che la vicenda si trasformi in una lunga querelle giudiziara dagli esiti imprevedibili e tale da creare un precedente. I due coniugi hanno richiesto un risarcimento di almeno 25.000 dollari per la fotografia incriminata della loro abitazione. Secondo la società del motore di ricerca, i due querelanti starebbero semplicemente cercando una via per ottenere una somma di denaro da una compagnia notamente florida e tra le più ricche degli Stati Uniti. A supporto di questa tesi, Google ha sottolineato come i due coniugi non si siano accontentati di chiedere la rimozione della fotografia, operazione possibile direttamente dal sito di GoogleMaps, ma abbiano preferito montare un caso legale ad hoc.

La linea difensiva di Mountain View, basata sull’impossibilità di ottenere una vera e incondizionata privacy nel mondo ipertecnologico di oggi, arriva al termine di una lunga serie di polemiche basate sui servizi per la mappatura del pianeta con foto satellitari forniti dal motore di ricerca. Se la strategia di difesa si dimostrasse convincente, e dunque vincente, Google potrebbe sfruttare la medesima tesi per difendere il proprio operato in casi simili.

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