Twitter pubblica il primo rapporto sulla censura

Twitter pubblica il suo primo rapporto sulla trasparenza: ecco quante richieste di censura dei contenuti sono pervenute nella prima metà del 2012.
Twitter pubblica il suo primo rapporto sulla trasparenza: ecco quante richieste di censura dei contenuti sono pervenute nella prima metà del 2012.

Twitter segue quanto realizzato recentemente da Google rilasciando il suo primo Transparency Report, ovvero un rapporto dettagliato circa le richieste di rimozione dei contenuti pervenute dai governi e dai detentori di diritti d’autore. Statistiche utili a fornire agli utenti una chiara panoramica delle istanze di censura che hanno, per un motivo o per un altro, impedito la fruizione di una parte di contenuti sulla piattaforma di microblogging considerati dalle autorità poco graditi.

Tre le diverse categorie tenute in considerazione da Twitter per il rapporto sulla trasparenza: le richieste dei governi per ottenere informazioni sugli utenti, le richieste riguardanti la cancellazione dei contenuti sul canale sociale e le richieste pervenute dai titolari di un diritto d’autore per la rimozione di contenuti illegali. Per quest’ultima tipologia, tra l’1 gennaio e il 30 giugno 2012, Twitter conta 3378 richieste di censura, di cui 600 sono state accolte.

Il team di Jack Dorsey spiega che i governi stanno mostrando sempre più interesse per Twitter: sono pervenute più richieste di censura nei primi sei mesi del 2012 che in tutto il 2011. Da gennaio a giugno 2012, oltre il 75% delle richieste di cancellazione dei contenuti sono state soddisfatte, e analogamente a quanto esplicato da Google la stragrande maggioranza delle richieste di informazioni relative agli utenti sono state effettuate dalle agenzie statunitensi.

Proprio gli Stati Uniti guidano la classifica dei paesi più attivi sul fronte censura: le autorità locali hanno inviato a Twitter 679 richieste finalizzate all’ottenimento di informazioni sugli utenti, mentre per tutti gli altri paesi tenuti in considerazione la cifra è minore di 10, ad esclusione di Canada e UK (11 a testa) e Giappone (98). Sono invece davvero esigue le richieste di rimozione degli URL pervenute in questi sei mesi appena trascorsi, ovvero 18, un numero bassissimo se lo si confronta con quello diramato da Google, che aveva fatto segnare 2.046.645 richieste.

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