Caro dominio

A conclusione della riunione trimestrale dell'ICANN, l'ente per l'assegnazione dei nomi di dominio aumenta i prezzi per la concessione dei gTLD mentre i gestori degli domini nazionali (ccTLD), in rivolta, votano per escluderlo dal DNSO (Domain Name Support Organization).
A conclusione della riunione trimestrale dell'ICANN, l'ente per l'assegnazione dei nomi di dominio aumenta i prezzi per la concessione dei gTLD mentre i gestori degli domini nazionali (ccTLD), in rivolta, votano per escluderlo dal DNSO (Domain Name Support Organization).

A fronte di un’agenda degli impegni molto ricca, due sono le novità di rilievo da registrare al termine dell’assemblea trimestrale dell’ICANN ospitata a Stoccolma dal 1 al 4 giugno.




L’ente che rappresenta la massima autorità del governo della Rete, per sollevare il proprio budget e disporre di 5 milioni di dollari in più nel bilancio del 2001-2002, ha alzato il prezzo per l’assegnazione dei nomi di dominio ai titolari delle concessioni per i gTLD (general Top Level Domains).




La seconda è che i gestori dei top Level Domain nazionali (ccTLD), in rivolta contro l’ICANN, hanno votato all’unanimità per escludere l’ente americano per la gestione dei nomi di dominio dal DNSO, l’organismo che fornisce supporto tecnico ai registars nazionali per i domini del tipo .it, .uk, .de ecc. I gestori dei nomi di dominio nazionali non si accontentano di guardare: vogliono avere più voce nell’e-government guadagnando peso dall’interno delle strutture esistenti.




Dal braccio di ferro dell’ICANN con i suoi molti critici e nemici, che a vario titolo ne mettono in discussione la sovranità di ente di vertice della Rete, esce fuori una situazione tutto sommato compromissoria e contraddittoria.


L’apparato burocratico dell’organismo americano che regola i nomi di dominio esce, dalla riunione, sostanzialmente rafforzato con il riconoscimento di un potere di cassa maggiore. Le società che gestiscono i TLD (per il momento .com, .net e .org) si vedono raddoppiato il pedaggio: per diventare registars di nomi di dominio di primo livello devono pagare 2.500 dollari dal prossimo 1 luglio, a fronte dei 1.000 che servivano finora. La misura porterà ad un incremento del 20% del bilancio dell’ICANN che servirà essenzialmente a rivedere ed ampliare la struttura burocratica dell’ente americano: aprire nuovi uffici, dotarsi di altro personale ecc.




Fa da contrappeso alla tendenza elefantiaca dell’ICANN lo strappo annunciato dei gestori dei ccTLD dall’Ente americano. Paradossalmente più aumenta la sua massa, l’ICANN; tanto più riduce la sua forza. Il gruppo di lavoro che si occupa dei country-code Top Level Domains all’unisono ha votato per escludere l’ICANN dal Domain Name Support Organization (DNSO).




Il DNSO è uno degli enti di supporto tecnico chiamato a cooperare con l’ente per la registrazione dei nomi di dominio per tutte le questioni attinenti ai ccTLD. In qualità di ente ausiliario dell’ente di gestione dei nomi di dominio, DNSO esprime la sua presenza nel Consiglio dell’ICANN con 3 seggi su 19 membri totali. La mossa dei titolari dei ccTLD, porterebbe, di fatto, ad accaparrarsi una presenza in seno all’organo direttivo dell’ICANN ed è questo uno dei problemi più scottanti che esce fuori dall’iniziativa dei gestori nazionali. Stuard Lynn, Presidente dell’ICANN, possibilista circa l’adozione di una tale soluzione, ha dichiarato che i ccTLD «contribuiscono in modo significativo al mantenimento dell’ICANN e la loro voce dovrebbe avere un peso maggiore all’interno della struttura». Anche se l’ICANN preferisce cedere qualche funzione, purchè non venga attaccato direttamente e non ne venga messo in discussione il suo ruolo centrale, resta da vedere a chi togliere i seggi in questione. Il timore è che possano restare penalizzati i rappresentanti degli utenti di Internet rispetto agli interessi di affari o di altre parti. Cinque dei nove membri generici dell’ICANN sono stati scelti dagli internauti lo scorso novembre, ma più niente si sa degli altri quattro.




Per il resto le restanti questioni da esaminare, tra cui spiccano quella dei nomi alternativi ed il destino del dominio .eu, l’ICANN non ha fornito risposte definitive. C’è stato solo il fragore delle polemiche che non ha portato a nulla di concreto, se non ad un irrigidimento dei contendenti sulle reciproche posizioni. Il tema del dominio .eu, sebbene sollevato non è stato affrontato dai 600 delegati riunitisi a Stoccolma.


Per quanto riguarda invece i nomi di dominio alternativi, Eduard Lynn, il Presidente dell’ente di assegnazione, si è limitato a fare una sorta di censimento dei possibili domini alternativi, contati nel numero di oltre 1.000 per poi concludere che «nuovi suffissi potrebbero nuocere all’attività della Rete». I nomi di dominio alternativi (alternative root) non vengono riconosciuti dai 13 server di cui l’ICANN dispone in tutto il mondo e questo potrebbe indurre ad un indirizzamento non corretto quando si cerca un indirizzo Web.

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