iMac e la moda del computer colorato.

Negli anni che seguirono il lancio del primo iMac Apple continuò a crescere e innovare.
La casa di Cupertino sviluppò i nuovi modelli con un occhio di riguardo al loro aspetto esteriore e al prezzo finale che erano stati determinanti nel recente successo.
Nelle intenzioni di Jobs, in particolare, il prezzo sarebbe dovuto calare sensibilmente.

La moda dei colori era scoppiata in tutto il mondo della tecnologia, specialmente in quella consumer.
Apple pianificò anche il restyling delle sue macchine professionali (ma non i portatili) rompendo il pregiudizio per cui i computer per i professionisti sarebbero dovuti essere necessariamente bianchi e noiosi.

Nel gennaio del 1999 fu presentato l’iMac (versione C) in 5 diversi colori.

Le caratteristiche hardware erano uguali per tutte le tonalità, cambiava solo il case esterno che poteva essere Blueberry (blu), Strawberry (rosso), Lime (verde), Tangerine(arancione) e Grape (viola, il più scelto).
Per la prima volta nella storia, una cliente comprando un computer, si sarebbe sentito chiedere “di che colore lo vuole?”

Le vendite degli iMac salirono ulteriormente.
Un risultato straordinario dovuto anche al costo inferiore di cento dollari rispetto al modello precedente.
Questi modelli avevano un processore G3 da 266 MHz, 512MB di RAM, un HD da 6GB e una scheda video con 6MB di RAM.
Nell’aprile dello stesso anno uscì la versione D dell’iMac, con il processore ulteriormente potenziato (ora a 333MHz), ma senza sostanziali modifiche.

Steve Jobs desiderava che ogni Mac fosse il centro del “Digital Lifestyle” ovvero la macchina dove convergevano tutti i dati dalle periferiche digitali (fotocamere, videocamere ecc) quindi pianificò un upgrade che rendesse anche gli iMac capaci di lavorare sul video digitale.

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