Ricerca 2.0

Con il web 2.0 e la diffusione dell’uso delle tag si è cominciato a dare fondatezza teorica al web semantico e alla divisione taxonomy/folksonomy.

A prescindere dalle ultime provocazioni avvenute all’International World Wide Web Conference che vedono nel web semantico globale un utopia e prevedono, invece, la nascita di un semantic web semplificato che lascia la libertà a ciascun netizen di proiettarsi con assoluta libertà all’interno del contenuto, aggiungendo un valore al contenuto stesso senza mediazioni, con i loro modelli mentali e i loro obiettivi. A prescindere, dicevamo, da ciò che ruota intorno al web semantico e malgrado siano anni che se ne parli, nell’ambito della ricerca online tutt’oggi la fa ancora da padrone il famoso Google con i suoi algoritmi.

Nell’ambito del search engineering con il web 2.0 sono nati alcuni motori di ricerca basati su concetti come la condivisione, la geo-localizzazione, la personalizzazione, che però non hanno raggiunto ad oggi una diffusione tale da far almeno impensierire Larry Page e Sergei Brin.

Tanto per vedere alcuni esempi possiamo citare:

  • Swicki, che adatta automaticamente i suoi risultati in base al comportamento di ricerca della community.
  • Lexxe, che fornisce risposte alle domande poste dagli utenti.
  • Wink, attraverso il quale ciascun utente può salvare a taggare le pagine e i risultati di ciascuna ricerca vengono forniti separatamente a seconda che provengano dalla community (people) oppure dal motore di ricerca.
  • Topix che permette la ricerca di notizie geo-localizzate, ristrette a un preciso luogo.
  • Ask city, attraverso il quale si attiva una ricerca geo-localizzata di locali, eventi, ecc.

Come si potrà facilmente convenire questi strumenti hanno realizzato idee a dir poco innovative, centrate sui principi tipici del web 2.0 e alimentate dalla partecipazione degli utenti. Queste grandi idee fanno da traino perchè anche colossi come Google (con tutte le precauzioni del caso) possano rivoluzionare i loro metodi di ricerca.

Già da qualche giorno, infatti, possiamo leggere sulla pagina di Google experimental le grosse novità introdotte.

  1. >Timeline and map view: visualizzazione grafica dei risultati.
  2. Keyboard shortcuts: permette di utilizzare una serie di scappatoie da tastiera migliorando l’usabilità e l’accessibilità dell’interfaccia.
  3. Left-hand search navigation e Right-hand contextual search navigation: permettono di approfondire la ricerca in un determinato contesto, avvicinandosi così ad un accenno di soluzione di quell’annoso problema che grava soprattutto nelle lingue latine dell’equivocità dei termini.
  4. Google voice: semplicemente componendo il numero telefonico 1-800-GOOG-411 (1-800-466-4411) from any phone si ha la possibilità di ottenere informazioni legate al business locale (attraverso la categoria di appartenenza), mettersi in comunicazione con l’impresa desiderata oppure ottenere le informazioni desiderate via SMS… e tutto assolutamente gratis!

Quando si parla di “bolla 2.0” per indicare gli investimenti “onerosi” che stanno ottenendo le nuove start up senza dare garanzie sicure di redditività, mi viene da pensare a questi casi. Molte piccole aziende che hanno avuto un discreto successo lanciano idee molto innovative che poi saranno i grandi e potenti come Google a sfruttare a loro favore.

Dovremmo forse superare la paura della bolla e terrorizzarci per la possibilità che la rete possano essere oggetto di monopolio de facto da parte di aziende private. Del web 2.0 non sono molto importanti le nuove piattaforme che tutti i giorni nascono nei nostri browser ma lo sono i principi alla base fortemente democratici: collaborazione, condivisione, partecipazione e personalizzazione.

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