La bassa psicologia del malware

Una ricerca McAfee sottolinea la fallacia dell'elemento umano nella protezione dei sistemi: i protagonisti dell'industria del malware sanno come colpire gli istinti più bassi per recuperare dati importanti per l'affondo delle truffe informatiche
Una ricerca McAfee sottolinea la fallacia dell'elemento umano nella protezione dei sistemi: i protagonisti dell'industria del malware sanno come colpire gli istinti più bassi per recuperare dati importanti per l'affondo delle truffe informatiche

«Una nuova ricerca rivela i giochi psicologici utilizzati dai truffatori cibernetici per sfruttare la natura umana al fine di ottenere soldi e informazioni personali»: nel rapporto tra cyber-criminali e utenti c’è un meccanismo che si frappone e che fa fulcro tanto sulla natura umana quanto sull’opacità dell’interazione tra utente e macchina. Interpretare al meglio questo passaggio significa riuscire a portare il messaggio desiderato verso l’utente stesso, tentando di stimolarne una reazione umana, prevedibile e sfruttabile. L’industria del malware sembra conoscere sempre meglio i meccanismi psicologici sottesi a tale realtà ed una ricerca McAfee ne evidenzia alcuni risvolti.

Spiega il comunicato diramato dal gruppo: «l’indagine sulle tendenze del cybercrime, commissionata da McAfee in collaborazione con un famoso psicologo legale, il Professor Clive Hollin dell’Università di Leicester nel Regno Unito, segnala che i truffatori digitali nelle ultime frodi via email stanno sfruttando le nostre più intime debolezze psicologiche. I criminali informatici stanno adottando tecniche sempre più abili come assumere identità che possono sembrare attendibili, coinvolgere con scherzi amichevoli e fare leva sulle emozioni umane come paura, insicurezza e avidità. Lo studio rivela il modo in cui i cybercriminali stanno sempre più combinando codice stealth con specifici giochi psicologici per manipolare il comportamento degli utenti e persuaderli ad aprire gli allegati, cliccare su un link o inserire le nostre informazioni riservate così da riuscire a rubare i dati personali e quelli relativi ai conti corrente online degli utenti».

Secondo il prof. Hollin nessuno deve sentirsi al sicuro perchè le barriere culturali non sono sufficienti neppure online: «date le giuste condizioni in termini di capacità di persuasione della comunicazione e la combinazione critica di fattori personali e circostanziali, la maggior parte delle persone potrebbe essere vulnerabile a informazioni fallaci. Ciò è vero sia per gli utenti di computer esperti che inesperti: mentre l’ingenuità potrebbe essere una spiegazione parziale, anche gli utenti più sofisticati possono essere tratti in inganno e diventare suggestionabili da messaggi illusori».

I trucchi sono sempre i soliti così come le debolezze umane si perpetrano di generazione in generazione. Le promesse di guadagno, pertanto, rimangono in vetta agli strumenti adoperati per scatenare l’impulso al click e nel contempo “shopping” e “appuntamenti” solleticano sempre la curiosità e spingono a visionare il contenuto proposto. Chiosa Grag Day, security analyst McAfee: «i criminali apprendono dall’esperienza e diventano sempre più sofisticati: imparano quali tecniche hanno successo, chi cade in quale tranello, cosa aggira la sicurezza e così via. Come gli uomini della strada sono costantemente alla ricerca di nuovi trucchi, allo stesso modo i truffatori digitali hanno bisogno di sempre nuove opportunità per sfruttare le vittime digitali. Oltrepassando le barriere mentali, piuttosto che i software di sicurezza, è una tattica in evidente incremento da parte dei cybercriminali e un metodo che continuerà a diventare sempre più fruttuoso nella marea degli attacchi online».

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti