La libertà delle API

Da quando Google Maps ha reso disponibili le sue API la comunità della rete si è sbizzarrita.

Per quanto riguarda la pubblicazione delle API esistono due atteggiamenti dominanti. Le aziende che non traggono profitto dalla vendita dell’implementazione delle API tendenzialmente le conservano gelosamente, fornendole solo a partner commerciali specifici. Altre compagnie distribuiscono invece le proprie API pubblicamente, e traggono il loro profitto dalla vendita delle applicazioni che le implementano.

Attraverso l’uso delle API si possono realizzare i cosiddetti Mashup, termine derivato dal mondo della musica elettronica (che designa canzoni composte a partire da parti diverse di altri pezzi) indica la fusione di diverse fonti informative, realizzata con la finalità di creare nuovi servizi partendo da contenuti e informazioni già presenti online, resi disponibili da terzi (un esempio di Mashup proviene dall’unione di Google Maps con Flickr, per esempio, che permette di visualizzare su una mappa geografica le foto relative alla zona selezionata).

Come si può intuire, il prodotto di questa operazione può risultare decisamente innovativo, soprattutto per la possibilità di “mescolare” tipi di informazioni di natura diversa tra loro. Spesso si considera questo processo come il movimento che ha permesso il passaggio dalla passività all’interazione degli utenti. Uno di quei passaggi chiave per lo sviluppo del web 2.0.

Per quanto riguarda appunto i mushup geolocalizzati vi sono 3 novità da segnalare:

  • JobAlize: per cercare talenti web 2.0 su una mappa di Google (peccato che gli italiani presenti siano pochi! Diamoci da fare!)
  • Ongopongo: permette agli utenti di condividere la propria conoscenza del mondo, segnalando e votando i post di qualsiasi sito o blog
  • Maptales: permette di creare le proprie mappe e raccontare parallelamente le proprie storie, condividerle, pubblicarle sul proprio blog e leggere le storie geolocalizzate degli altri utenti

Avete altre segnalazioni da fare?

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