I forzati del reply

Infomania, Information Overload, Attention Deficit Trait (ADT).

Etichette diverse per uno stesso conosciutissimo fenomeno, già oggetto di un’ampia letteratura: lo stato di ansia e di continua distrazione cui sono sottoposti i lavoratori informatici dal mix micidiale costituito dall’accumularsi di messaggi inevasi (email, sms, instant messaging) e dalle continue interruzioni provocate dall’arrivo e dalla gestione di questi input.

E’ la comodità ma anche la maledizione dell’esporsi al cosiddetto push informativo: i device tecnologici, come petulanti mini-me con funzioni segretariali, ronzano, vibrano, suonano, lampeggiano, poppano senza soluzione di continuità in cerca della tua attenzione, scaricandoti addosso un continuo flusso di informazioni, spesso superflue o non urgenti, da processare.

Un brusio continuo e sottostante fortemente interferenziale, e dalle pesanti ricadute sul soggetto infomaniaco: abbassamento della soglia di attenzione, frammentazione se non azzeramento degli spazi mentali e dei tempi da dedicare al pensiero creativo e alla riflessione/elaborazione, abbattimento delle relazioni interpersonali faccia a faccia, nevrotizzazione, perdita di tempo, balcanizzazione del tempo di esecuzione di un compito, cali temporanei del quoziente intellettivo (!) e meno temporanei della qualità della vita e della produttività aziendale. Mancano le disfunzioni sessuali e l’alopecia, e il quadro di decadenza psicofisica e morale sarebbe completo.

L’infomania preoccupa molto, com’è ovvio, i colossi dell’ICT da migliaia di dipendenti, per i costi in termini di produttività che essa comporta. E proprio da uno di essi, Intel, proviene un interessante e recente white paper che fa un po’ il punto della situazione, e da cui ho tratto la sintomatologia su esposta.

Uno degli autori, l’ingegnere israeliano Nathan Zeldes, coordina per conto di Intel due progetti pilota sul tema, attualmente in corso di svolgimento, e ne dà notizia sul blog IT dell’azienda. Scopo dei progetti è quello di spingere gruppi di dipendenti-cavia a combattere lo stato perenne e intossicante di push informativo attraverso momenti e comportamenti di flush (di colpi di sciacquone) informativo, se mi si passa il gioco di parole un po’ inelegante.

Primo progetto, nome in codice “Quiet Time“: 300 dipendenti passeranno il martedì mattina completamente offline, con tanto di cartellino “do not disturb” sulla porta, per dedicarsi esclusivamente al lavoro di pensiero, pianificazione, elaborazione e brainstorming. Inoltre sono autorizzati, per tutta la durata dell’esperimento, a rispondere alle email entro 24 ore, anziché entro minuti.

Secondo progetto, nome in codice “No Email Day“, aka “Zero Email Friday”: un gruppo “organico” di dipendenti è incoraggiato a dedicare la giornata del venerdì alle relazioni interpersonali, e a usare la mail solo per comunicare con altri gruppi o, all’interno del proprio gruppo, quando non è possibile fare altrimenti. Insomma, niente email al vicino di ufficio o di scrivania, per intendersi.

I progetti hanno durata di qualche mese, e lo stesso Zeldes relazionerà sugli esiti sul blog di Intel.

Se tutto ciò vale per uno scenario aziendale, la cosa si fa particolarmente inquietante se pensiamo all’Infomania da tempo libero, dove la quantità di input, non più irregimentata dalle esigenze di decoro impiegatizio, si tsunamizza a suon di feed, chattate, twitterate, tumblerate, flickeraggini, vagabondaggi youtubeschi e collezionismi di account vari. In attesa di un white paper che scandagli a modino questo lato privato e oscuro del sovraccarico informativo, forse val la pena mettersi sul chivalà. E non drammatizzare troppo la vacuità del circo memico nostrano: magari son solo cali temporanei del QI.

(Il fatto che ci abbia messo tre ore a scrivere un post come questo, inframezzandolo di telefonate, sms, email e altre aberrazioni, non mi tranquillizza per niente).

Addendum
Corriere.it – che, a dispetto del recente restyling fintoanglosassone, assomiglia davvero e sempre più allo scomparso Weekly World News – ha trovato il tempo, tra un falò a forma di papa defunto e l’altro, di dar notizia del No Email Day con la consueta puntualità: dall’articolo si desume che l’iniziativa riguardi tutti i dipendenti Intel (falso), e che le email siano bandite (falso).

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