La pubblicità non è il futuro

Il titolo non deve portare fuori strada, parliamo sempre di pubblicità online e del suo particolare rapporto con il Web 2.0, allo stato attuale infatti, per qualunque servizio o sito, sembra sia l’unica fonte di entrate, ma c’è chi non la pensa in questo modo e parla degli sviluppi dei prossimi anni.

Tra questi non si può non citare Marc Canter, famoso per aver fondato la nota software house Macromedia.
Intervistato sull’ultimo numero di Nova, Marc parte da una considerazione: i modelli di business del web 2.0 che conosciamo oggi sono solo agli albori, sono esperimenti, e come tali raggiungeranno la maturità solo nei prossimi anni.

Nei prossimi anni i social network (Canter si riferisce principalmente a questi) avranno entrate differenti, dipendenti dalla pubblicità solamente per un 30/40%. La pubblicità oggi è un grosso limite dei servizi 2.0 ma, aggiungo io, anche di molti siti e portali.

Nonostante infatti l’avvio di startup sia spesso finanziato dai venture capital, una volta raggiunto il web il servizio deve “campare” con le proprie forze e il miglior sostegno giunge proprio dalla pubblicità, strumento che non sempre porta i risultati sperati e che, come dimostrato in molti casi, tiene le società sul filo del rasoio.

La soluzione? Accantonare la pubblicità, considerare il suo apporto solo nella misura del 30%, e aprire il proprio spazio, il social network, a servizi premium rivolti alle aziende.

Perché tutto ciò funzionerebbe? Perché il privato, come spiega nell’articolo Marc Canter, difficilmente decide di pagare, prima cerca qualcosa di simile ma gratuito, mentre l’azienda può ottenere reali vantaggi da quel servizio e decide quindi di investire in esso. Cambia anche lo scenario, nel momento in cui offriamo servizi alle aziende, il nostro approccio deve essere strettamente professionale, e deve far si che l’azienda capisca di aver bisogno di noi.

Il modello privilegiato nei prossimi anni potrebbe anche essere quello degli intermediari, ovvero coloro che riescono a porsi fra compratore e azienda, il caso più brillante è quello dei database fotografici, come Fotolia, dove il network prende una commissione dalla vendita delle foto degli utenti, e mette a loro disposizione un’enorme vetrina dove esporle.

Canter in realtà parla di qualcosa che già da tempo è stato ipotizzato, ma che probabilmente riesce ancora difficilmente a imporsi perché la pubblicità online non si è ancora sviluppata del tutto, non ha raggiunto livelli certi e rappresenta ancora il modello di business più semplice e immediato, quello che richiede il minor sforzo.

Personalmente mi trovo d’accordo con Marc, la pubblicità non garantisce, almeno ad oggi, la stabilità, elemento essenziale perché una società o un servizio possano progredire e migliorare.

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