La generazione 2.0 è perdente?

Leggevo un recente articolo di Vision Post nel quale si mette in evidenza come la generazione Google (quindi quella nata dopo il 1993), secondo un recente studio della British Library, preferisca di gran lunga fruire di immagini, filmati piuttosto che di informazioni e cultura.

L’89% degli studenti universitari utilizza Google come prima risorsa per le proprie ricerche e per la propria documentazione. E lo stesso dicasi per Wikipedia.
La stessa enciclopedia non è esente da polemiche, basti ricordare quella recente della professoressa Tara Brabazon dell’università di Brighton, che ha recentemente condannato l’uso di Wikipedia come fonte per la ricerca di informazioni.

Perché questa condanna così aspra nei confronti dei mezzi di comunicazione globale, e nei confronti di strumenti come quelli sopracitati?
È vero: Wikipedia non è una fonte del tutto controllabile, ed è soggetta a numerosissime modifiche che possono comprometterne la completa affidabilità, ed è altrettanto vero che cercando con Google si potrebbero trovare fonti non autorevoli in grado di portare alla creazione di progetti, ricerche o elaborati poco interessanti. Ma è altrettanto vero che la condanna di questi mezzi non è una soluzione democratica né tanto meno, a mio modo di vedere le cose, molto sensata.

La chiave fondamentale per uscire dall’impasse secondo me sta solo nel riuscire a mettere nella giusta prospettiva le varie applicazioni. In che senso?

Le opzioni che il Web, 2.0 ma non solo, ci offre nel ramo dell’educazione e della formazione (anche qui non solo in questi campi) sono vastissime e tutte assai variegate.
Sta all’utenza impiegarle nel giusto modo sfruttando le peculiarità di ogni applicazione e integrandone gli aspetti carenti con altri servizi.

Bisognerebbe quindi far comprendere agli alunni (cito la categoria perché in questo caso si parla di loro, ma il discorso sarebbe tranquillamente allargabile) che alcuni strumenti necessitano di essere utilizzati con la corretta consapevolezza e competenza e che i risultati che essi ci forniscono devono essere integrati, confrontati e migliorati con altre fonti e alti strumenti.

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