Quanto vale una canzone rubata?

Una donna del Bronx accusata di aver condiviso 8 canzoni su KaZaa non vuole patteggiare come fanno tutti e accetta di andare in aula rischiando multe salatissime per cercare di dimostrare l'incostituzionalità dell'atteggiamento della RIAA
Una donna del Bronx accusata di aver condiviso 8 canzoni su KaZaa non vuole patteggiare come fanno tutti e accetta di andare in aula rischiando multe salatissime per cercare di dimostrare l'incostituzionalità dell'atteggiamento della RIAA

Una donna del Bronx è il nuovo Davide che lotta contro Golia. Nonostante il fatto che tutti coloro i quali vengono convocati in aula dalla RIAA per violazione del copyright attraverso il filesharing scelgano il patteggiamento per paura di perdere cause colossali, alcuni ancora tentano di sovvertire il corso delle cose.

Sono più di 20.000 i privati cittadini accusati e trascinati in tribunale dalla RIAA per condivisione di materiale protetto da copyright attraverso Peer To Peer e, tranne alcuni casi felici, quasi tutti hanno patteggiato perchè chi non lo fa rischia molto grosso. Lo sa bene Jammie Thomas, che in Ottobre è stata condannata a pagare 222.000 dollari per aver condiviso 24 canzoni attraverso KaZaa: la donna aveva infatti provato a combattere la RIAA prendendo di mira l’incostituzionalità del Copyright Act. In quel caso dovette intervenire l’amministrazione Bush per assicurare la condanna.

Ora tocca appunto a Denise Barker, la quale è accusata di aver condiviso 8 canzoni sempre attraverso KaZaa nel 2004 e accettando di andare in aula rischia multe tra i 750 ed i 15000 dollari. Eppure la donna crede di poterla avere vinta impugnando l’incostituzionalità del Copyright Act.

Secondo Ray Backerman, l’autore del blog “Recording Industry vs The People”, ogni canzone “rubata” costa all’industria 3.50 dollari circa (stima sicuramente non condivisa dai detentori del diritto, i quali hanno invece spesso indicato cifre ben diverse), il che configura un rapporto di forza tra danno e penale oltremodo sbilanciato verso quest’ultima. Una sentenza della Corte Suprema, però, spiega che l’ammenda non può mai superare la ratio di 9-1 rispetto al danno, dunque la legge che impone le maxi-multe sarebbe incostituzionale. Dunque Denise Barker si dichiarerà colpevole (a differenza di quanto fece Jammie Thomas) ma controaccuserà la legittimità dell’ammenda puntando così ad una riduzione sostanziale della sanzione. La Corte dovrà dunque ora esprimersi in questo senso: quanto vale una canzone rubata?

Se la Barker l’avesse vinta sarebbe una grave sconfitta per la RIAA, la quale si troverebbe spiazzata nella sua politica offensiva che ha fatto delle denunce l’arma migliore per limitare la crescita e la pervasività della pirateria tramite i canali di file sharing: una multa di poche decine di dollari non spaventerebbe gli utenti, i quali potrebbero così decidere di “rischiare” la condivisione senza i fantasmi della RIAA a fare da monito.

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