Fotografati in ospedale e portati su Facebook

Una infermiera ha pubblicato su Facebook alcune fotografie in cui erano ritratti i colleghi d'ospedale e sullo sfondo alcuni inconsapevoli pazienti. Segnalata dal Corriere, la vicenda sarà oggetto di un'indagine da parte del Garante della Privacy
Una infermiera ha pubblicato su Facebook alcune fotografie in cui erano ritratti i colleghi d'ospedale e sullo sfondo alcuni inconsapevoli pazienti. Segnalata dal Corriere, la vicenda sarà oggetto di un'indagine da parte del Garante della Privacy

«Sono mortalmente dispiaciuta pensavo che il mio album fosse privato e le foto visibili solo ai miei amici». Si è giustificata così la giovane infermiera dell’Azienda ospedaliera universitaria Santa Maria della Misericordia (Udine) che aveva pubblicato su Facebook un album fotografico in cui erano ritratti a loro insaputa alcuni pazienti ricoverati in reparto. La donna aveva inserito le immagini sul proprio profilo per condividerle con i suoi amici, ma non immaginava potessero essere visualizzate anche da altri utenti.

La singolare vicenda ha avuto inizio nella giornata di ieri, giovedì, quando un lettore della versione online del Corriere della Sera ha inviato al quotidiano una segnalazione sulle fotografie ritrovate su Facebook. «Nulla di male che medici e infermieri si fotografino tra loro. Quello che è sconcertante è che in alcune di queste fotografie appaiano anche dei pazienti. Dov’è il rispetto della privacy di queste persone?» scriveva indignato il lettore. L’album incriminato conteneva complessivamente 48 fotografie in cui erano ritratti medici e infermieri, ma in alcuni casi sullo sfondo apparivano anche degli ignari pazienti, a volte intubati e sottoposti alle delicate cure del reparto di terapia intensiva. Immagini facilmente accessibili e potenzialmente condivisibili con pochi clic in Rete anche al di fuori di Facebook.

Venuti a conoscenza della vicenda, i responsabili della direzione sanitaria hanno immediatamente avviato un’indagine interna per fare piena chiarezza sulla vicenda. Da propagatore dello scandalo, Facebook si è rapidamente trasformato in un valido alleato, utile per identificare rapidamente la responsabile dell’incauto gesto, che potrebbe aver leso la privacy di alcuni pazienti. Identificato il profilo incriminato, la direzione sanitaria è potuta risalire velocemente al colpevole.

L’album era stato creato da una infermiera della struttura ospedaliera impiegata nella struttura di anestesia e rianimazione desiderosa di serbare un ricordo fotografico dei suoi colleghi. In lacrime, la giovane donna di 29 anni ha confessato di aver commesso una imperdonabile leggerezza, apparentemente in buona fede: «Non pensavo fosse pubblico, non volevo renderlo pubblico. Ho semplicemente raccolto foto, scattate in tempi diversi, per farne un album ricordo per dei colleghi che andavano in pensione. A mio giudizio i pazienti sullo sfondo non erano riconoscibili, perciò non ho sfumato le foto. Non volevo ledere l’immagine di nessuno. La paziente apparsa sulla prima pagina del Corriere è mia collega ed amica: la foto è stata scattata per festeggiarla dopo un’operazione che aveva subito».

Sempre al Corriere della Sera, il direttore dell’Azienda ospedaliera ha sostanzialmente confermato la versione della sua poco avveduta infermiera, ricordando come i pazienti ritratti nelle fotografie fossero difficilmente riconoscibili. Oltre alla struttura sanitaria, l’indagine ha coinvolto anche la Polizia Postale di Udine, che ha prontamente convocato l’infermiera per richiedere la cancellazione definitiva delle foto incriminate da Facebook.

Determinato a far maggiore chiarezza sulla vicenda, il Garante per la Privacy Francesco Pizzetti ha intanto confermato l’intenzione di avviare un’istruttoria per verificare la presenza di eventuali violazioni della legge sulla riservatezza. Pizzetti si è dichiarato stupito per «la faciloneria nell’utilizzo di Facebook e dei social network, oltre che per la disinvoltura deontologica» dell’infermiera di Udine. Il Garante ha comunque invitato a non demonizzare il famoso sito per il social networking e la Rete: «Quello di Udine è soprattutto un problema deontologico che con i social network non c’entra nulla. La storia, tra l’altro, dimostra che è sempre sbagliato opporsi all’utilizzo delle nuove tecnologie. Una cosa è certa: le persone dovrebbero essere più consapevoli e informate quando utilizzano la Rete».

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