La generazione 2.0 è diventata adulta

La net generation conta 7 milioni di persone: istruite, informate, attente alla trasparenza delle istituzioni. Presentato uno studio della Doxa.
La generazione 2.0 è diventata adulta
La net generation conta 7 milioni di persone: istruite, informate, attente alla trasparenza delle istituzioni. Presentato uno studio della Doxa.

Rappresentano una persona su sei, ma da molti punti di vista pesano moltissimo nelle dinamiche di comunicazione, di interazione sociale, di costruzione del nuovo modus vivendi del cittadino. Sono i cosiddetti nativi digitali, nati insieme al web, cresciuti dentro il nuovo sistema nervoso centrale basato sui bit, per i quali un tweet è come una telefonata e il profilo di Facebook un’estensione naturale del proprio io. A loro è dedicata la ricerca di Federico Capeci, per Duepuntozero Research (del gruppo Doxa) pubblicata da AssePrim (Associazione dei servizi professionali per le imprese) e presentata oggi alla Sala delle Colonne alla Camera dei Deputati.

Capeci e Stefano Epifani, moderati da Antonio Palmieri, di fronte a una platea composta da giornalisti e blogger interessati, come Sandro Gilioli, Guido Ghedin di Young Digital Lab, l’esperto di comunicazione digitale Edoardo Colombo, il blogger Antonio Lupetti, hanno presentato il testo (qui), Generazione 2.0, spiegando che è nato per smentire dei luoghi comuni.

generazione 20

Un momento della presentazione della ricerca, alla Camera dei Deputati. (foto @marcopez)

Questa generazione, infatti, è spesso fraintesa, confusa con un generico «popolo della Rete» sotto la cui definizione giacciono le tribù più aggressive, meno portate alla costruzione di un dialogo. Invece gli autori hanno individuato nell’acronimo S.T.I.L.E. i cinque elementi fondamentali, i criteti fondativi di una generazione molto propositiva: Socialità, Trasparenza, Immediatezza, Libertà, Esperienza, sono diventati elementi indissolubili della creazione di una identità.

La #generazione20 si è certamente trovata all’ingresso di un luogo in cui la merce era il loro privato, dove è importante conoscere profondamente il concetto per cui tutto ciò che in Rete è gratuito è giustificato dal fatto che la merce siamo noi, i nostri interessi, le nostre attività. Ma i 18-30enni non sono così sprovveduti e il libro ne traccia più di un profilo.

La questione principale, secondo questo libro, è che questa generazione compie quotidianamente un’operazione opposta a quella di chi li ha preceduti: invece di adattare la propria identità ai ruoli imposti dal web e dall’elettronica di consumo, traspone la propria conoscenza identitaria dal web alla vita reale. Pretende le stesse cose che ha dalla Rete anche dalla politica, ad esempio (con le frustrazioni immaginabili).

La logica collaborativa, il fact-checking non sono metodi che si spengono con un bottone – anche perché in Rete non entriamo più, ci siamo costantemente – bensì stili che la net generation cerca, costruisce, giudica in tutti i settori, i quali si dovranno adeguare: la scuola dovrà diventare 2.0, così come l’attività politica, il rapporto produttore-consumatore e così via. Da questo punto di vista, molto interessante la parte finale della ricerca, che evidenzia gli strumenti necessari per mettersi in ascolto dei nativi digitali.

Dalla ricerca sulla Generazione 2.0:

Chi e quanti sono? I giovani tra i 18 e i 30 anni, i primi cresciuti durante il boom dei social network e del web 2.0, sono il 14% della popolazione italiana: sono la % più bassa di tutta Europa e tra 30 anni, quando avranno l’età dell’attuale classe dirigente, saranno la metà delle persone più adulte con cui si dovranno ancora confrontare.
La Generazione 2.0 vive il web attivamente, non consultandolo e basta: Il 91% è iscritto a un social network, il 55% è iscritto a un forum, il 34% segue uno o più blogger con continuità, il 17% ne ha uno proprio.
Che cosa fa la Generazione 2.0 quando è connessa? Guarda un video (92%), guarda profili, bacheche e foto di altri (84%), condivide link o contenuti (79%), legge le opinioni su marche e prodotti (74%), consulta post e commenti nel web (65%), partecipa a concorsi a premi e consulta/acquista in gruppi d’acquisto (63%), scrive qualcosa di sé e dei propri pensieri (61%), segue i consigli in rete di persone che non conosce (59%).
I siti maggiormente visitati? I primi tre sono Youtube, Facebook, e Wikipedia, tra intrattenimento, socialità e informazione 2.0.
Quali i loro principali influencers? Il 43% dice che il miglior influenzatore di un prodotto, marca o azienda è un altro consumatore (persone comuni che non consumano il prodotto 13%), blogger specializzati sul tema 13% e giornalisti 6%.

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