Freedom, il nome di Safari secondo Steve Jobs

Steve Jobs avrebbe voluto chiamare Freedom il browser Safari, ma l'attinenza con il mondo della cosmesi femminile ha portato alla bocciatura del nome.
Steve Jobs avrebbe voluto chiamare Freedom il browser Safari, ma l'attinenza con il mondo della cosmesi femminile ha portato alla bocciatura del nome.

La Rete è da sempre ricca di aneddoti sulla vita privata e lavorativa di Steve Jobs, indiscrezioni simpatiche aumentate esponenzialmente online dopo la sua prematura scomparsa. E così, complice anche la biografia di Walter Isaacson, sull’iCEO si è saputo davvero di tutto, dalle bravate ai danni delle compagnia telefoniche in giovinezza, ai metodi duri contro la concorrenza, addirittura agli improbabili esperimenti con sostanze psicotrope. L’ultimo racconto in ordine di tempo arriva da Don Melton, una delle menti alla base di Webkit, il quale ha voluto svelare la nascita di Safari.

Per chi ancora non lo sapesse, Safari è il browser Web targato Mela, disponibile di default per i Mac e a scelta per Windows, oltre che ovviamente sugli iDevice. Per ripercorrerne le tappe bisogna tornare indietro nel tempo, a circa 10 anni fa. Era il 2002, infatti, quando Steve Jobs ipotizzò uno strumento di navigazione totalmente realizzato a Cupertino.

10 anni fa Internet era tutto fuorché agli albori, ma il mercato era quasi interamente ad appannaggio di due player: Internet Explorer e Netscape, quest’ultimo ormai prossimo ai suoi ultimi respiri. E il browser di Microsoft faceva capolino anche sui Mac, non essendovi alternative. Evidentemente insoddisfatto di IE, Jobs ha quindi pensato di realizzare il browser dei suoi sogni. E di primo acchito avrebbe voluto chiamarlo Freedom. Peccato, però, che il nome ricordasse fin troppo da vicino una linea di prodotti per la pulizia intima femminile, lasciando quindi campo libero all’attuale Safari.

«Non ricordo tutti i nomi, ma uno che emerse con prepotenza è “Freedom”. Steve ha passato un po’ di tempo a testarlo con ognuno di noi. Lo amava perché invocava l’immagine positiva della liberazione delle persone. E, probabilmente, si riferiva alla liberazione da Microsoft e Internet Explorer, la compagnia e il browser da cui si dipendeva al tempo. Ovviamente, non riuscivo a pensare a nient’altro che “per favore, non chiamiamo il browser come un prodotto per l’igiene femminile!”.»

Queste le parole di Melton, l’uomo alla base di WebKit e uno degli inventori proprio di Safari. Con il senno di poi, è stata una fortuna che il senso di libertà da Microsoft non sia prevalso. “Freedom” è di certo un nome inflazionato e non solo perché utilizzato dall’industria della cosmesi per ben altri tipi di liberazione. Con Safari, invece, si è reso bene il concetto del Web come giungla ricca di d’informazioni da esplorare. E ben si sposa anche con l’irrefrenabile passione di Apple per i grandi felini, con cui ha ribattezzato ogni singola versione del suo OS X.

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