Legge di Moore, il MIT ne dimostra la bontà

La legge di Moore prevede che ogni 18 mesi raddoppi la velocità dei processori. Dopo circa 50 anni, il MIT ne dimostra la bontà con dati sperimentali.
La legge di Moore prevede che ogni 18 mesi raddoppi la velocità dei processori. Dopo circa 50 anni, il MIT ne dimostra la bontà con dati sperimentali.

La tecnologia ha compiuto passi da gigante negli ultimi decenni, ad una velocità particolarmente sostenuta. Una velocità che in qualche modo ha seguito quella che prende il nome di “legge di Moore“, un postulato ad opera di Gordon Moore, cofondatore di Intel, il quale già nel 1965 aveva previsto che le prestazioni dei processori ed il numero di transistor in essi presenti sarebbe raddoppiato ogni anno e mezzo. Una legge, questa, che dopo lunghi anni trova un nuovo riscontro pratico nelle analisi condotte dal Massachusetts Institute of Technology.

Le prestazioni dei processori, e il numero di transistor ad esso relativo, raddoppiano ogni 18 mesi. (Gordon Moore)

Alcuni ricercatori del MIT, in partnership con alcuni colleghi di Santa Fe, hanno infatti cercato di individuare con quanta precisione la legge di Moore, così come altri postulati relativi all’evoluzione tecnologica in generale, siano stati in grado di prevedere il futuro. Tra le altre leggi esaminate, la più celebre è sicuramente quella di Wright relativa alla riduzione dei costi in funzione della quantità di produzione di un determinato oggetto.

Tutti i postulati in questione sono stati applicati non soltanto al rispettivo settore di interesse, ma più in generale all’intero panorama tecnologico, con un risultato importante: sia la legge di Wright che quella di Moore si sono rivelate particolarmente precise. Dalla produzione di birra a quella di materiali quali alluminio o manganese, passando per computer, pannelli solari, autovetture e tante altre per un totale di 62 categorie, tutte caratterizzate da un denominatore comune: molte delle previsioni fatte in passato si sono rivelate veritiere.

Nello specifico, la legge di Wright sarebbe in grado di fornire stime maggiormente precise, soprattutto su lunghi periodi, ma il distacco dalla legge di Moore non sarebbe tale da giustificare una classificazione rigorosa in termini di bontà. Quest’ultima, insomma, si è rivelata particolarmente accurata e può essere quindi utilizzata come punto di riferimento per comprendere con maggiore semplicità la direzione che il mercato tecnologico potrebbe intraprendere nel breve e nel medio periodo.

Dal punto di vista tecnico, la legge di Moore si è dimostrata dunque in grado di fornire previsioni sul futuro sufficientemente accurate: la radice quadrata dell’errore logaritmico, un indicatore della bontà di tali previsioni, aumenta infatti soltanto del 2,5% per ogni anno che si aggiunge all’orizzonte di proiezione, consentendo così di etichettare il futuro della tecnologia come pronosticabile.

L’esperimento condotto dal MIT, quindi, è riuscito ad individuare per la prima volta un legame preciso tra le previsioni fatte nel 1965 da Gordon Moore e quello che poi è stato l’effettivo andamento del mercato dei semiconduttori, divenuti nel tempo la spina dorsale dell’elettronica prima e del mondo digitale poi.

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